“Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro”.
(Bob Dylan)
E’ con questa attitudine che Simone Breda e Liana Genini, coppia nella vita e nel lavoro, scelgono di intraprendere il proprio cammino e incidere i propri nomi nel panorama della ristorazione gourmet italiana, partendo da un luogo come Orzinuovi – località bresciana ubicata in un territorio quasi di confine e crocevia delle vicine province orientali lombarde – dove si trova oggi il loro Ristorante Sedicesimo Secolo.
Una storia la loro, iniziata allo scoccare del nuovo millennio, quando Simone, classe 1985, determina il suo futuro iscrivendosi alla scuola Alberghiera, dove incontra Liana: lui aspira a diventare chef, lei maître e sommelier.
Da questo momento inizia la loro avventura che, sempre insieme, li vedrà protagonisti nelle cucine di grandi chef, come quella de L’Albereta Relais e Châteaux a Erbusco al fianco del Maestro Marchesi o nelle Marche, con Moreno Cedroni. Dall’Italia all’estero il passo è breve, portando i ragazzi in alcuni prestigiosi ristoranti stellati e Relaix svizzeri, che ampliandone il bagaglio, consente finalmente loro il ritorno a casa.
Si riparte dunque da Orzinuovi, splendido borgo a pochi passi dal paese natale dello Chef Simone Breda che, in una splendida struttura risalente appunto al Sedicesimo Secolo, sceglie con Liana per dare forma al proprio progetto.
Un progetto che presenta due sale pensate e realizzate con gusto raffinato, in cui persistono le architetture e gli stili originali, completati da complementi dal tocco essenziale, moderno, accogliente.
Gran gusto dunque, riscontrabile anche nei piatti che denotano il percorso dello chef e ne lasciano emergere chiaramente peculiarità e stile.
E’ il caso dell’amouse-bouche con cui lo Chef accoglie gli ospiti, un “inno alla gola” in cui giocano un ruolo di assoluti protagonisti, la pelle di sogliola fritta con erbe e il bonbon di merluzzo fritto al nero di seppia. Grande attenzione anche verso i lievitati, realizzati rigorosamente in casa e che non impediscono a una brigata di sole tre persone, di panificare quotidianamente due tipi di pane, una focaccia, grissini e cracker.
Gli antipasti spingono senza timidezza verso gusti decisi e perfettamente delineati, come nel caso dell’antipasto Cozze, patate al fumo, cialda di amaranto e acqua di pecorino, un piatto davvero graffiante in cui la nota salmastra dei conchigliacei è esaltata elegantemente dall’acidità del formaggio. Lode assoluta alle Lumache, panada, salsa di spinaci ed erbe dell’orto, uno dei piatti (giustamente!) più richiesti al ristorante Sedicesimo Secolo, che lo chef Simone Breda tratta e valorizza al massimo, scegliendo le chiocciole della Val Camonica – di dimensione più “importante” rispetto alle più comuni lumache e che serve ricreandone l’ambiente: il piatto richiama infatti il terreno e rifiuta consapevolmente ogni intromissione di elementi che ne snaturino la condizione atavica. La Lingua di vitello, lattuga, ponzu e nocciole è un inno alla gioia, al gusto e al buonumore: l’ammennicolo (morbidissimo e cotto a bassa temperatura) è accompagnato nella maniera più armonica possibile da un gioco di contrasti riscontrabile sia nelle consistenze che nei sapori che con l’acidità del ponzu e la dolcezza di lattuga (bruciata al cannello) e nocciole, che creano un’altalena di piacere per nulla banale.
Sui primi Simone Breda cala l’asso e si espone con il suo massimo feticcio, il riso (non dimentichiamo che lo Chef è allievo del Maestro Gualtiero Marchesi che di risotti, la sapeva lunga…), elemento con cui conferma di dare il massimo, divertendosi e divertendo. Chiara e netta la scuola marchesiana che vuole che l’acidità emerga dal piatto e vada a contrastare senza timori o timidezze la basicità del riso. E’ così che un Risotto al Franciacorta con fondo di capretto e salvia, viene incoronato quale “reginetta del ballo”, eccitando i palati e divertendo le papille, attraverso la texture delle sue polveri, la perfetta mantecatura e l’inaspettato piacere di un elemento così tradizionale come il fondo di selvaggina che – abbinato con sapienza – rivive un rinascimento gastronomico.
Puro godimento anche per il secondo – questa volta di pesce – che prendendosi il rischio di un elemento come la sogliola, rivisita una ricetta della tradizione, dando forma a una proposta che vale viaggio e visita: la Sogliola ricoperta con crema di prezzemolo e servita con salsa al lime e bucce di patate è un inno al gusto e al piacere da assaporare almeno una volta nella vita. In sostanza, ci si trova d’innanzi a una sogliola alla mugnaia che – viaggiando nel tempo dal Sedicesimo Secolo a oggi – mostra come la tradizione meriti una continua rivisitazione e quanto la cucina del riciclo possa tranquillamente armonizzarsi con i più alti canoni gourmet.
Stesso piacere per i dolci che, pur esplorando l’Universo più contemporaneo della sapidità e della nota vegetale nel piatto, non dimenticano mai la loro origine e “scelgono” ci proseguire a essere semplicemente dessert. Dessert buonissimi come , il cioccolato bianco con yogurt e cetriolo o la cheescake, reinterpretata con torta sbrisolona e mango. Imperdibile l’Ananas presentato con polvere di capperi e crumble di olio al levistico, seguito dalla golosissima petit four in accompagnamento al caffè che – è corretto sottolinearlo – viene realizzata dalla A alla Z direttamente nelle cucine del Sedicesimo Secolo in cui, incredibilmente si muovono appena tre persone.
Nel complesso, la carta è quantitativamente perfetta: cinque antipasti, cinque primi, cinque secondi e quattro dolci che variano nella proposta a seconda della disponibilità di Terra e mercato. Una proposta alla ricerca costante di materia prima di qualità, selezionata con cura anche tra i piccoli produttori del bresciano e del bergamasco e che si contestualizza in una proposta onesta e accessibile: primi tra i 18 e i 20 euro, secondi a non più di 25 e dessert a 10 euro. Interessanti le degustazioni mare e terra a 50 euro e il sempre più diffuso menù degustazione dello Chef (in questo caso, a 70 euro).
La Cantina in evoluzione e gestita come la Sala dalla brava Liana, conta attualmente un centinaio di etichette nazionali e non solo.
Una cucina, un ristorante e una visione che puntano in alto, verso quel “cielo azzurro” di cui tanto narrava Dylan e che mai smetterà di essere tale, grazie a giovani come Simone Breda e Liana Genini.
www.ristorantesedicesimosecolo.it
photo credits Giorgio Manenti; Fulvio Cavadini