Genova. Terra di porto e di sapori, “superba per gli uomini e per le mura“, come la definì il Petrarca.
Genova, i suoi carruggi, i rolli e il centro storico – tra i più estesi d’Europa; e ovviamente, Genova e la sua Storia, quella che la consegna a noi con quel valore intatto, lo stesso che ne conferì fama e prestigio dall’epoca dell’antica Repubblica marinara genovese.
Genova tra Terra e Mare, i suoi profumi e i suoi sapori.
Genova e la sua cucina. Quella dell’Hostaria Ducale – delizioso ristorante contemporaneo sorto per iniziativa del suo Patron Enrico Vinelli e a pochi passi dall’omonimo Palazzo situato nel cuore della città alla cui guida – dalla fine del 2021 – troviamo un giovane Executive Chef che risponde al nome di Daniele Rebosio.
Genovese purosangue e classe ’95, Rebosio inizia ad appassionarsi di cucina sin da piccolo, grazie all’esempio di mamma Sandra- emiliana d’origine. Terminati gli studi alberghieri, inizia a muovere i primi passi nelle cucine d’Europa trascorrendo un anno a Londra, rientrando in Patria in occasione di una stagione allo Splendido di Portofino, e muovendo successivamente verso il Bulli Lab di Barcellona dello chef Ferran Adrià, ove trascorrerà un anno fondamentale per la sua formazione tecnica. Successivamente, Rebosio incrementa la sua esperienza sotto l’ala dello chef Davide Oldani all’Hotel Papadopoli di Venezia per poi spiccare definitivamente il volo verso la capitale mondiale dell’Alta Cucina: Parigi. D’apprima al ristorante stella Michelin La Grande Cascade e successivamente in uno dei templi gastronomici della Ville Lumière, Le Jules Verne di Alain Ducasse, all’interno della Tour Eiffel, dove completa in maniera magistrale la sua formazione.
Una formazione a tutto tondo che lo riporta in Italia sino a rientrare nella sua Genova, approdando ai fuochi dell’Hostaria Ducale in cui – attraverso una proposta strutturata alla Carta o attraverso due menù degustazione a mano libera, Daniele si presenta con una cucina elegante, creativa e leggera – in cui tecnica francese, visione spagnola e tradizione italiana triangolano amabilmente in un crescendo di tensione creativa.
Una grande attenzione è posta intono alla scelta degli ingredienti che – per sintasi sottrativa – divengono centrali e protagonisti assoluti delle proposte dell’Hostaria Ducale. Si cerca di selezionare più prodotti possibili dal territorio ligure, così da rispettarne la sostenibilità e la stagionalità, valorizzandoli attraverso tecnica e corretti accostamenti.
Terra e mare dunque, in un’alternarsi di proposte coerenti e piacevolmente sorprendenti.
Buona, anzi ottima la Seppia, nocciola e bergamotto, apertura intrigante in cui la sacca del cefalopode viene ridotta a un velo sottilissimo celante un ripieno equlibrato composto dalla seppia stessa cotta a bassa temperatura e poi piastrata, nocciole tostate, pasta di nocciole, gel e scorza di bergamotto e fegatini di seppia: un’armonia perfetta, bilanciata dalla parte salmastra del pesce con le note tostate della nocciola, la componente delicatamente agrumata del bergamotto e il caratttere ferroso del quinto quarto. Un simposio di elementi ulteriormente arricchiti dal gusto umami conferito da un finto nero di seppia realizzato con aglio nero fermentato.
Più immediato nel gusto e “piacione” all’assaggio l’Uovo di Paolo Parisi, sedano rapa, scalogno caramellato e praliné – un tuorlo cotto in oliocottura servito con una spuma di patata cannellina (varietà a pasta bianca non farinosa coltivata sull’Appennino ligure), dragoncello in osmosi acetica, tartufo e fondo bruno di manzo. Un piatto nel suo complesso avvolgente in cui la dolcezza di uovo e patata viene gradevolmente scossa dalla nota caramellata e umami del fondo bruno, di francese reminiscenza. Gradevole il sentore conferito dal dragoncello, presente anche nell’olio extravergine di oliva taggiasca, capace di rievocare un ricordo di bernese.
Rebosio sfodera la stoffa del creativo col Raviolo ripieno di prescinsêua, un’antica specialità casearia della Liguria che lo chef dell’Hostaria Ducale fa rivivere in un piatto epocale in cui una pasta all’uovo accoglie la gradevole acidità del formaggio sapientemente esaltata da una marmellata di peperoncino di cayenna, zenzero e un ketchup di fagiolo – preparazioni tra l’agrodolce e il piccante pronte a lasciare verticalmente il passo alla nota salmastra, conferita dalla cicala di mare in purezza e dal fumetto dello stesso crostaceo. Un gioco di gusto e consistenze ottenuto grazie a una sicura padronanza delle tecniche di cucina e dalla profonda conoscenza della materia, esaltata in accostamenti intriganti e sapientemente bilanciati.
Equilibrio dunque, in piatti poetici e spiazzanti come il Risotto Riserva San Massimo, anguilla affumicata e cavolo viola, senza dubbio chef d’oeuvre dell’Hostaria Ducale e piatto memorabile in cui la componente umami regna sovrana, lasciando comunque il meritato riguardo a quella verticale di piacere a cui Daniele Rebosio non teme di abituarci: l’affumicatura delicata dell’anguilla laccata con fondo bruno, la dolcezza del cavolo viola e la punta acida conferita dall’aceto di mele in mantecatura basterebbero di per sé a costruire un piatto eccellente, ma Rebosio vuole di più – ingranando la quarta e spingendo al massimo delle aspettative, rifinendo il suo riso con marmellata di limone e polvere di limone nero bruciato. E va bene. Molto bene!
Più pulito ed elegante (per utilizzare un aggettivo caro a Rebosio) il Gabilo – pesce appartenente alla famiglia dei merluzzi e proveninte dall’Oceano Atlantico – che all’Hostaria Ducale subisce una salatura e una successiva cottura poché, per poi essere accompagnato da cipolla di Montoro in agrodololce, crema di pistacchio, polvere di capperi, pelle del Gabilo croccante e un fumetto di pesce e pistacchio. Un piatto delicato e leggero in cui sono evidenti gli insegnamenti di mamma Sandra (dietista) e che chiude la degustazione in maniera piacevolmente soave.
Persino i dessert sono affidati all’estro e alla mano di Daniele Rebosio che – inteligentemente – apre con la piacevole acidità di una Kombucha di melagrana, per poi proseguire con una rivisitazione della tradizione, riscrivendo la pànera genovese, semifreddo a bese di panna e caffè sempre più difficoltoso da gustare nelle pasticcerie della Superba.
Tavoli nudi in marmo, decori e dettagli di carattere fra l’eleganza del nero e il calore dell’oro con una raffinata mise en place. Un’esperienza memorabile in una location accogliente accompaganata da una carta dei vini in via di definizione e da un servizio di Sala curato da Alessio Poggio e concretizzato con maestria dal bravissimo Nicolò Cubeddu.