Vi sono ristoranti che nascono sulla base di fondamenta solide, capaci di focalizzare con armonia il proprio progetto su esperienza, conoscenza e su una continuità logica e profondamente coerente.
Progetti come il Bolle Restaurant, sorto nel luglio 2019 a pochi passi dallo storico stabilimento di Baldassarre Agnelli, Azienda famigliare bergamasca produttrice da oltre un secolo di pentole di grande qualità, leader di settore nel mondo e da sempre fidato alleato nelle cucine degli chef più rappresentativi dell’Alta Ristorazione.
Alta Ristorazione che doveva in qualche modo rappresentare il passo finale per Pentole Baldassarre Agnelli che, con l’apertura di Bolle Restaurant – il suo nuovo ristorante gastronomico – mette a segno il proprio obiettivo, ovvero quello di mostrare come pentole e padelle siano l’essenza della cucina e come, attraverso il giusto impiego e utilizzo dei differenti materiali, un piatto possa essere nobilitato ai massimi livelli.
Qualità ed esperienza dunque al centro del progetto di Angelo Agnelli, CEO del gruppo e visionario sognatore che, nel 2018, acquista un capannone con l’idea di trasferire e ampliare lo storico showroom precedentemente situato in via Madonna, ma che – ritrovandosi un piano libero e totalmente inutilizzato – non può che dare forma all’idea più logica e coerente: realizzare un ristorante.
Un ristorante dal design avveniristico i cui ambienti – dalle geometrie pulite e squadrate – sono impreziositi da elementi d’arredo moderno in cui tavoli e grandi installazioni sferiche interrompono e ammorbidiscono armonicamente il raffinato complesso lineare.
Bolle Restaurant dunque, un ristorante che scalda i fuochi nei primi mesi della sua apertura con il bergamasco Filippo Cammarata e che, dal ottobre 2020, accoglie nelle sue cucine un nuovo chef a raccogliere scettro e padelle: Marco Stagi.
Classe 1990 e originario delle vicine valle orobiche, Marco Stagi percepisce il richiamo dei fuochi sin da bambino, grazie all’esempio positivo trasmesso da mamma e nonna. A seguito del diploma conseguito all’Alberghiero di San Pellegrino, inizia a inanellare esperienze di prim’ordine, d’apprima nelle cucine del ristorante Stella Michelin La Brughiera di Villa d’Almè, in seguito ad Alba – prima a La Piola, poi nel ristorante tristellato Piazza Duomo di Enrico Crippa dove trascorre i successivi quattro anni, affinando e raffinando la propria tecnica. Nel 2016 sente lo stimolo di travalicare i confini e – una volta scartate le ipotesi più scontate e gettonate tra Francia e Spagna – opta coraggiosamente per il belga Hof Van Cleve, ristorante che detiene le tre Stelle Michelin da oltre vent’anni e in cui Stagi trascorre un biennio di pura dedizione, venendo ricordato ancora oggi come l’unico italiano a essere passato per quelle cucine. Nel 2018, torna nel Bel Paese ed entra nel team di Giancarlo Perbellini, a fianco del quale non si limita a completare la propria esperienza ai fuochi, ma da cui apprende ciò che ancora gli mancava, ovvero l’attitudine manageriale e di gestione.
Numerose esperienze, ciascuna peculiare, che ci consegnano un Marco Stagi maturo e completo pronto a farsi portavoce di una cucina in cui il materiale è al centro di tutto, e a elevare il Bolle Restaurant nell’olimpo gastronomico contemporaneo.
Esperienze che affiorano con chiarezza in ciascuna portata del Bolle Restaurant, degustabili à la Carte, o in uno dei menù articolati secondo la più classica delle tradizioni: Ebollizione (solo carne) o Bollicine (con proposta d’acqua).
L’Ouverture rappresenta un viaggio di esperienze in cui emergono le note esotiche della Meringa al limone e curry, maionese all’aglio nero e fior di finocchietto, la freschezza della Vinaigrette di mela verde, sedano e olio all’erba cipollina, o ancora le componenti delicatamente speziate dello Spaghetto integrale soffiato, maionese alla soia, polvere di caffè ed erbe spontanee. Interessante la Sfera di Cioccolato fondente e polvere di lamponi ripiena dell’Amaro di San Pellegrino delle distillerie di Sarnico – e coerente l’idea di presentare il tutto all’interno della celeberrima pentola d’oro (nella collezione 1932) o su scarti di produzione di Agnelli Metalli trafilati e raffinati per il servizio.
Lode al vegetale con la Spuma di patate e porri, senape, brunoise di porri, capperi fritti e olio alla cipollina, un concentrato di precisione e tecnica che – al di là della perfezione sfoggiata – lascia il meritato spazio a divertimento, gusto e piacere, in un indovinato gioco di consistenze in cui la croccantezza del cappero riesce a dare inaspettato vigore all’assaggio.
I piatti di Marco Stagi sono insindacabilmente ottimi, e il Maialino iberico abanico servito con il suo fondo, salsa verde ai capperi e cavolini di Bruxelles in doppia veste – oltre a simbolizzare un omaggio al collega Filippo Cammarata – presenta un piatto perfettamente eseguito nelle cotture e negli equilibri, in cui la spiccata acidità data dalla senape rappresenta una piacevole sferzata di gusto e carattere.
L’attenzione della ricerca della materia prima è esasperata ai massimi livelli, e la centralità della qualità dell’ingrediente assoluta. Senza troppi fronzoli dunque, la Tartare di Cervo viene esaltata nella sua purezza e nobilitata con paté di fegatini, gel di cipolla bruciata ed erbe spontanee.
Stagi c’è, e l’eleganza di alcune proposte invita a esplorazioni spazio-gustative in cui il palato viaggia alla volta di territori che ci conducono alle fredde lande scandinave, così come alle suggestioni dell’estremo oriente, come nel caso dei Tortelli ripieni di castagna, pinoli, estratto di rosmarino, olio di levistico, infuso di bosco allo shiso essiccato – piatto che ripercorre quanto appreso in termine di contaminazione a fianco delllo chef belga Peter Goossens e che racconta di una gentilezza del gusto volta a esaltare ogni singola componente del piatto.
Alcuni piatti di Marco Stagi nascono per divenire signature memorabili, come l’esplosivo Pomo D’Oro, un risotto carnaroli strutturato intorno al tipico frutto estivo, qui declinato in vesti e cotture differenti: il riso viene cotto completamente in acqua di pomodoro chiarificata, aglio e tabasco – spingendo al massimo le note acide e contrastando così la basicità della materia. La resa è spiccatamente al dente e l’acidità del piatto è enfatizzata dal chutney di pomodoro datterino, dal gel di pomodoro acido e dalla crema di pomodoro giallo che – oltre a chiudere con golosa e godereccia rotondità il piatto – evoca visivamente l’oro della celebre pentola d’oro di Baldassarre Agnelli a cui, evidentemente, è intitolata la ricetta.
Grinta e vigore per il Trancio di Ricciola del Mediterraneo cotto in burro nocciola e olio di zucca, servito con semi di zucca tostati, senape, crema di zucca e carpione: un’esecuzione magistrale in termine di cottura – rosa al cuore – e una spinta per nulla scontata in materia di abbinamenti.
Per gli appassionati del quinto quarto, l’Animella di cuore con carciofi fondenti affumicati, gel di cipolla bruciata, pasta di pistacchio, emulsione di lattuga e fondo di vitello rappresenta un motivo più che valido per riservare un tavolo al Bolle Restaurant e racconta di un percorso caratterizzato da tecniche ed esperienze perfettamente acquisite dallo chef e oggi protagoniste di un’esperienza gustativa certamente memorabile.
Assoluto il Piccione, il cui petto viene cotto sottovuoto sulla carcassa secondo gli insegnamenti del tirstellato Goossens, per poi essere scottato in padella di ferro a temperatura elevata, e infine ripassato nell’alluminio nel burro nocciola – mostrandoci ancora una volta quanto il materiale sia al centro del progetto di Bolle Restaurant. Il vegetale non è mai marginale nei piatti di Stagi, come nel caso della cima di rapa in doppia veste: da un lato, cotta in padella per riduzione, dall’altro ridotta a crema e servita con polvere d’acciuga e cassis di mirtillo selvatico. Il tutto, ultimato da quinto quarto e coscetta croccante, serviti come nella più classica delle presentazioni, a parte.
Il pane è realizzato con lievito madre e farine autoctone siciliane, mentre la cantina è custodita con passione dal sommelier Michele Mazzola, responsabile di una selezione in continua evoluzione e in cui oggi è possibile scegliere tra circa cinquecento etichette provenienti principalmente da Italia e Francia, ma con una curiosa apertura a Germania ed estero.
In sala al suo fianco una brigata preparata, composta da Claudio Brembilla e Fluvia Rota.
La chiusura è fresca e confortante e si affida alla dolcezza vellutata, garbata e carismatica di una Crema di kaki, dulce de leche e capperi, finita in maniera scenografica al tavolo con una grattugiata di cioccolato al caramello salato ghiacciato.