“Mangiare è un atto agricolo”.
Così recitava circa dieci anni fa Weldell Berry, il “contadino intellettuale del Kentucky, auspicando un ritorno alle origini nel rispetto della terra, dei prodotti e – conseguentemente – del concetto di mangiare.
Assunto preso poi come modello da Carlo Petrini, patron di Slow Food e paladino del rispetto per il cibo, per l’ambiente e per chi lo produce.
Così, per rimanere in ambito e approfondire questo concetto, scelgo di recarmi in CiboLab, giovane realtà agricola orobica, fondata recentissimamente da Matteo Moioli e Matteo Nodari, due giovani amici e collaboratori con in comune la passione per la terra.
Questa Azienda – venuta alla luce appena un anno fa – nasce con l’obiettivo di valorizzare i prodotti agricoli di qualità, coltivati e lavorati nel rispetto di ambiente e persone.
La scelta è quella di non utilizzare semi ibridi, privilegiando varietà antiche e autoctone provenienti da aziende quali Arcoris e Sativa che, oltre a essere impegnate nella produzione di sementi biologiche non OGM, sono attive in un’azione di recupero di semi ormai persi o completamente in disuso.
Ad accogliermi è Moioli, quello che io chiamerò “Matteo 1” e che, della coppia, è l’agricoltore – quello con la conoscenza più radicata nella terra e nella sua coltura. Mi racconta che, forte della sua esperienza di coltivatore, ha deciso con “Matteo 2” di creare una realtà completa, un’Azienda Agricola in cui si seguano tutte le fasi: dalla coltivazione – partendo dal seme certificato biologico e biodimamico, alla raccolta – sino ad arrivare alla trasformazione e terminando nella vendita del prodotto.
L’aspetto più affascinante di questa storia ruota intorno al fatto di come due ragazzi giovani abbiano scelto di allontanarsi progressivamente dall’omologazione e dalla standardizzazione tipica della Grande Distribuzione e di un mondo sempre più globalizzato per tornare alle origini e valorizzare quei vecchi mestieri che – chissà – potrebbero rappresentare il nostro domani, più di quanto non si possa auspicare.
In CiboLab si coltiva: si coltiva in un campo di 22 ettari, sito in una splendida cascina costruita tra il 1200 e il 1300 a Calcinate, a pochi kilometri da Bergamo. A oggi, si coltivano circa 400 varietà antiche, tra cui 60 di pomodoro, 125 di zucche, 15 di zucchini, 8 di melanzane, 20 di peperoni e 15 di cipolle.
In CiboLab si raccoglie: si raccoglie coinvolgendo ragazzi disabili, e allargando il progetto a un progetto di sostenibilità sociale, poiché l’Agricoltura non vuole differenze: l’agricoltura è integrazione.
In CiboLab si trasforma: si trasforma nel laboratorio di Brusaporto, producendo pasta secca, gnocchi, ravioli e cucinando frutta e verdura, trasformandoli in ogni genere di leccornia.
In CiboLab si vende: si vende nel punto vendita di Scanzorosciate, in via Colleoni 8, negozio in cui è possibile trovare anche i prodotti di altri 14 presidi slow food, bergamaschi e non.
Dall’incontro con Moioli esco positiva e ancor più consapevole. Sì perché questi giovani contadini di ritorno sono figure importanti nella costruzione di un domani migliore. Con tutta probabilità – come sosteneva Lavoiser – “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. E come sostengono sempre i più, un consumo consapevole e sostenibile sia davvero il futuro verso cui ambire. Soprattutto a tavola.