Il 2015 è il mio anno! Me lo sono giurata, promettendomi che – per una volta – non avrei messo sempre gli altri al primo posto ma che, finalmente, sarei stata io la mia priorità.
Io con le mie esigenze, le mie passioni e con tutto ciò che mi fa sentire bene!
Così, a seguito di un incessante azione di “stalking” nei confronti di uno dei miei Chef prediletti, sono riuscita a farlo capitolare e a convincerlo a darmi lezioni di cucina – riprendendo le basi, acquisendo piccoli trucchi e perfezionando ricette.
Ah, lo Chef in questione è Michele Sana, attualmente responsabile dei fuochi del ristorante Porta Osio di Bergamo, già braccio destro dello stellato Ezio Gritti, ai tempi d’oro de L’Osteria di via Solata e ancor prima di Chef Fabrizio Ferrari, all’epoca in cui il Roof Garden brillava nel cosmo delle Stelle Michelin.
Così, si comincia! Prima lezione: “Risotto”.
Diciamocelo… Volevo iniziare facile, puntando su qualcosa che credevo di saper cucinare e che mi avrebbe permesso di terminare il primo incontro saltellando! Appunto! CREDEVO…
Posso solo dirvi che tra l’aver preparato un brodo salatissimo e aver affettato uno scalogno da perfetta imbranata, la mia autostima e le mie convinzioni sono state prese a martellate dalla dura e inesorabile realtà!
Cercando dunque di rimuovere dai miei ricordi questa triste sensazione, ecco che cosa mi ha insegnato Michele, rispetto a un risotto perfetto:
Innanzitutto, ovvio, la materia prima. Poche storie: la varietà di riso per risotti è il Carnaroli poiché – per il contenuto di amido, la consistenza più soda e la lunghezza del chicco – tiene meglio la cottura rispetto le altre scelte.
Sulla stagionatura abbiamo due scuole di pensiero: per taluni, è fondamentale che il riso scelto abbia una stagionatura non inferiore ai 22 mesi.
Per altri, come Riserva San Massimo – marchio utilizzato dai maggiori Chef stellati – quella della stagionatura è solo una leva di marketing, soprattutto in virtù del fatto che il riso è un cereale e come tale va venduto fresco. Sono fattori come la biodiversità, l’impiego di componenti naturali, l’essicazione effettuata a gas e a bassissima temperatura, il tipo di confezionamento in azoto, i controlli e soprattutto il totale rifiuto di utilizzo di concimi chimici e insetticidi a contribuire all’eccellenza del prodotto.
La cucina si evolve come il resto del Mondo… le tecniche che quindi ritenevamo come intoccabili e inossidabili sono invece per lo più superate.
Il materiale del tegame è essenziale: rame stagnato, copper o alluminio con fondo di 3/5 mm, per stimolare la corretta conduzione di calore.
Il brodo non deve essere praticamente salato poiché sobbollendo ed evaporando, diverrà mano a mano sempre più sapido. Meglio rimanere scarsi di sale e aggiungerne – piuttosto – in fase di cottura.
Prendiamo il caso del soffritto; nella maggior parte delle preparazioni, ormai si evita. Si tende ovvero a esaltare la materia prima e la sua qualità: “della serie”, se utilizzate un buon Carnaroli – sarebbe un delitto oscurarne l’essenza. In fase di soffritto è corretto utilizzare l’olio EVO, piuttosto che un grasso animale.
La tostatura del riso rappresenta una fase fondamentale del procedimento: bisogna attendere che il “chicco canti” e che rilasci un leggero sentore di pop corn.
Sfumare il riso con il vino bianco non è più obbligatorio. Obbligatorio è invece mantenere una fiamma medio-alta e irrorare di brodo nella giusta quantità: tre mestoli per volta sono una buona soluzione per far sì che gli amidi rilascino nella maniera corretta.
Se irrorerete nella maniera corretta il vostro risotto – non lasciandolo mai asciugare – non avrete praticamente mai bisogno di girare con il cucchiaio di legno.
La mantecatura rimane una delle operazioni più delicate e fondamentali: il risotto deve essere tolto dalla fiamma tendente al liquido; il burro deve essere aggiunto a fiocchetti a temperatura di frigorifero e successivamente gli altri componenti. E’ importante che l’operazione di mantecatura avvenga in maniera energica per dare aria al composto.
Il risotto perfetto rimane all’onda e non dovrà risultare tipo mattonella che mantenga la forma del coppapasta.
Piuttosto che il vino, per dare freschezza e una nota acida al risotto – in alcune ricette – è consigliabile aggiungere qualche goccia d’aceto bianco.
E ora ditemi: anche voi credevate di saper fare un risotto?