Per il numero di Aprile della mia rubrica Kilometro Zero ho voluto proporre una ricetta vegetariana che rappresentasse una valida alternativa per il menù tradizionale di Pasqua. Così ho scelto gli asparagi – ortaggio di stagione che personalmente adoro e individuato un alimento che potesse nobilitare il piatto per gusto e raffinatezza: il tartufo.
Convinta di fare cosa buona e giusta ho pensato a un prodotto della mia zona: il Tartufo di Bracca. Così, ho contattato Gloria Bonucci, Presidentessa di A.R.T.O. – Associazione Ricercatori e Tartuficoltori Orobici per capire come meglio reperire questa prelibatezza: in men che non si dica, mi sono trovata faccia a faccia con l’ovvia realtà che, come per i comuni alimenti, anche per i tartufi vige la dura legge della stagionalità e che, per questa ragione, avrei dovuto scordarmi un nero nella stagione primaverile!
E così, oltre ad avermi fatto conoscere un tartufo pazzesco come il bianchetto, Gloria mi ha spiegato che ogni Regione ha un calendario raccolta Tartufi che organizza i tempi per la raccolta e tutela i consumatori.
E siccome trovo molto affascinante che in un ambiente ad alto tasso di testosterone, una donna ricopra una carica di simile importanza, non potevo non incontrare Gloria e non strapparle un’intervista. Scoprendo la sua anima profondamente “Rock”!
DOMANDA: Gloria, tuo padre Andrea è di origini umbre e dunque proviene dalla capitale italiana del Tartufo (se mi sente un piemontese, mi ammazza!!!); tua mamma Severina è stata la prima donna tartufaia della provincia bergamasca. Scommetto che da bambina sapevi già che non avresti fatto la ballerina…
RISPOSTA: A casa mia si è sempre mangiato tanto e bene. Vista la stazza, direi che fare la ballerina non è mai stata la mia massima aspirazione (RIDE). Magari la cantante! Scherzi a parte, occuparmi di tartufi e insegnare il loro giusto utilizzo in cucina è sempre stato il mio più grande desiderio.
DOMANDA: Come accennavamo, pochi ambienti sono “maschilisti” come quello della Tartificoltura. Suppongo sia capitato a volte – rispondendo al telefono – che ti abbiano scambiato per la segretaria. Com’è il rapporto con con colleghi e affini.
RISPOSTA: Devo ammettere che questo è davvero un ambiente difficile e pieno di gelosie, ma solo il fatto che nei giorni scorsi sia stata eletta una donna come Presidente della Federazione Nazionale Associazioni dei Tartufai fa capire che qualcosa sta davvero cambiando. Fino a qualche anno fa la ricerca del tartufo era una passione quasi del tutto maschile, poche erano le donne che si dedicavano alla raccolta del prezioso fungo ipogeo, soprattutto qui nelle nostre zone. Mio padre e mia madre mi trasmisero una passione incredibile per i tartufi e per la cucina casereccia e grazie ai loro insegnamenti, proprio quest’anno, sono stata eletta nuova Presidente di A.R.T.O. – Associazione Ricercatori e Tartuficoltori Orobici.
Per quanto riguarda la mia nuova posizione non ho ancora avuto grossi problemi perché ormai mi conoscono… ma gli inizi sono stati duri: alcuni uomini non approvavano il fatto che io fossi una “tartufara”: lo consideravano un ambiente prettamente maschile, come quello di caccia e pesca; una volta un tartufaio mi disse: “Lei va a tartufi? Non mi dica?!? Torni a casa a fare la calzetta!”.
Col tempo, ho avuto modo di farmi conoscere meglio mostrando di essere una persona preparata. Però, se mi chiedono di uscire a tartufi, io rispondo di “no!”(RIDE). Da brava tartufara non li svelo a nessuno i miei posti!
DOMANDA: Quale è la Mission di A.R.T.O.?
RISPOSTA: L’A.R.T.O. nacque nel 1990 a Dalmine dopo che mio padre realizzò negli anni ’80 la prima tartufaia coltivata della bergamasca. L’Associazione suscitò da subito un grande interesse e riunì centinaia di tartufai e tartuficoltori della zona desiderosi di approfondire il tema del tartufo. E’ vero che Bergamo non è miniera di tartufi come ultimamente si vuole far credere, ma nella nostra provincia esistono varie specie commestibili degne d’attenzione.
Prioritaria è per noi la tutela del territorio soprattutto tartufigeno, che purtroppo sta mano mano scomparendo a causa del cambiamento del clima, dell’abbandono dei boschi e l’aumento esponenziale di tartufai attivi (più persone raccolgono tartufi, meno prodotto si riforma sotto terra); probabilmente, il peggior fattore è sicuramente quello “umano”: si pensi al progressivo aumento di “zappatori”, ossia quei tartufai e non che – per assicurarsi un gran numero di tartufi da immettere sul mercato – devastano le zone di produzione di tartufi spontanei, raccogliendo prodotti anche completamente immaturi.
Altrettanto importante è stimolare la Tartuficoltura per aumentare la produzione di tartufi nel nostro territorio, promuovere il tartufo orobico e sfruttare le qualità organolettiche di ogni specie di tartufo, per impiegarlo nel miglior modo possibile in cucina.
DOMANDA: Tu mi somigli: io, in tema di stagionalità degli alimenti, sono una specie di nazista. Tu pure, per quanto riguarda tracciabilità e stagionalità dei tartufi. Credi che attualmente vi sia cultura in materia di tartufi? Come è possibile migliorare conoscenza e preparazione in questo campo?
RISPOSTA: Mi chiamano la Signorina Rottenmeier dei tartufi. (RIDE)
Mio marito mi accusa di sprecare tempo con Chef e Ristoratori. Io invece reputo fondamentale la tutela di clienti e consumatori. C’è ancora tanto da fare, e il luogo migliore da cui cominciare, sono certamente le Scuole alberghiere della nostra provincia.
La maggior parte dei commensali crede nell’esistenza di due sole specie di tartufo: il bianco e il nero. Pochi sanno invece che esistono ben 9 varietà e che ogni specie cresce in un determinato periodo dell’anno. L’estrazione dei tartufi è regolamentata da leggi severe, soprattutto quella del rispetto del calendario regionale di ricerca e raccolta. Purtroppo non sono molti i professionisti che dimostrano sufficiente cultura in questo campo, infatti nel 90% dei menù, i piatti al tartufo vengono descritti senza che venga specificata la specie. Ricevo inoltre numerose segnalazioni di tartufai o appassionati che, recandosi in taluni ristoranti, si trovano di fronte a prodotti non autentici, o fuori stagionalità e dunque completamente immaturi (dalla polpa bianchissima) e dunque inondati da oli che ne conferiscano sapore. Ma questa si chiama “Truffa”.
Non voglio fare una “caccia alle streghe”, ma ritengo fondamentale la tutela del consumatore, che non deve essere frodato. I ristoratori hanno il dovere di non dare nulla per scontato e verificare le informazioni pubblicate nel Calendario di Ricerca e Raccolta del Tartufo, pubblicato dal sito della Regione di appartenenza. Vi sono elencate le specie commestibili, il loro nome sia in volgare che in latino e le fondamentali date di raccolta. Il secondo passo è chiedere al commerciante di tartufi o al tartufaio di fiducia le specie disponibili al momento, quindi secondo il rispetto della stagionalità. Infine, se lo desiderano, possono contattare le Associazioni come la nostra che danno tutto il supporto possibile. Ad esempio noi organizziamo nel periodo invernale, quando ci sono più specie commestibili, un corso di riconoscimento delle specie di tartufi e spieghiamo, in base alle loro proprietà organolettiche, come possono essere cucinati.
DOMANDA: In un momento storico in cui l’eccellenza gastronomica punta sempre più alla stagionalità e al KM zero, cosa vogliamo dire a quegli Chef che presentano piatti completati da tartufi acerbi o dalla tracciabilità non certificata?
RISPOSTA: Ho visto Chef professionisti, blogger e divi del piccolo schermo utilizzare sulle proprie creazioni Tartufi fuori stagione e completamente immaturi; postare sui social le foto di piatti e ricevere una miriade di complimenti da tutti. Complimenti, a questo punto, per la fama ma non per il piatto preparato. Mi capita di sovente di vedere foto di piatti preparati da chef di fama che utilizzano tartufi immaturi, con la polpa bianca come il latte, quindi completamente senza profumo e sapore. La cosa triste è che scrivono che si tratta di un piatto creato con eccellenze del luogo. Sì, eccellenze immature e raccolte illegalmente. Cosa vogliamo dire? Che tristezza!
DOMANDA: Hai un tartufo preferito? Perché?
RISPOSTA: Li adoro praticamente tutti ma ho una predilizione per il Tartufo uncinato – Tuber uncinatum Chat. (ex Tuber aestivum Vitt. forma uncinatum Chat.), la varietà invernale del Tartufo estivo. Non è il più pregiato, ma – col suo spiccato sentore di sottobosco – mi fa letteralmente impazzire! Mia madre, nonostante sia bergamasca, ha deciso di farmi nascere in Umbria, precisamente a Spoleto, terra natia di mio padre Andrea, dove vive una vera cultura del tartufo e del suo utilizzo. In cucina, grattugiato e condito con olio extravergine a crudo, sale e pepe – come fosse un pesto – è un ottimo condimento per molti piatti quali, paste, risotti, spezzatini o frittate.
DOMANDA: So che nel tempo libero canti come corista in una rock band. Come influisce questo lato “rock” nella tua vita?
RISPOSTA: Moltissimo. Io mi nutro di pane, tartufi e musica. Quest’ultima è una componente fondamentale della mia vita. Mio marito condivide con me la stessa passione,tanto che suoniamo nella stessa rock band, i “Falsi Miti”. Spesso ci esibiamo in occasione degli appuntamenti organizzati da A.R.T.O. dunque i nostri concerti si chiudono tra note di hard rock e degustazioni pregiate.
Mi congedo da Gloria, ovviamente con una voglia matta di tartufo. Ma vista la stagione, mi toccherà attendere il periodo estivo. Anzi, ci diamo appuntamento il 6 e il 7 agosto a Tartufimagna2016, la seconda edizione della manifestazione dedicata ai tartufi delle Valli Orobiche, aperta ad appassionati e professionisti.
Reportage: photo credits © Michela Taeggi