Uno degli aggettivi più inflazionati dallo scorso febbraio a oggi è senza dubbio: “particolare”.
“Un anno particolare”.
“Una situazione particolare”.
“Una circostanza particolare”.
“Particolare”
Perché evidentemente, spingersi oltre a un vocabolario democristiano e neutrale, connnotando quest’annata come paradossale e catastrofica per il mondo della ristorazione, non rientra negli standard del bravo giornalista, sempre meno propenso a un atteggiamento di critica, ma animosamente proiettato verso più i confortevoli lidi dell’annientamento culturale o della spregevole pratica del copia-incolla.
Ma riprendiamo per un momento il nostro caro aggettivo “particolare” e proviamo ad associarlo a uno degli argomenti più caldi del mese appena trascorso: la presentazione della Giuda Michelin 2021.
> Leggi anche: “Guida Michelin 2021. Le Stelle della 66° Edizione”
Una Guida dedicata ai ristoranti che sceglie di uscire nel momento in cui i ristoranti sono chiusi.
Una Guida che non si adegua al contesto, evitando di individuare formule alternative per la presntazione di fine 2020.
Una Guida che perde l’occasione per mostrarsi solidale con il Settore di cui racconta, sottraendosi all’opportunità di farsi promotrice di iniziative virtuose a sostegno del mondo della ristorazione.
Dunque: abbiamo una guida “particolare”. La Guida Michelin 2021.
Ma non abbiamo i ristoranti! Attualmente chiusi o semi-chiusi.
O meglio, nella Guida Michelin 2021 di ristoranti (e alberghi) ne abbiamo un totale di 2.600 che però, paragonati ai 2.700 presenti nell’edizione prcecente, cominciano a mostrare l’evidente saldo negativo delle insegne prese in considerazione dalla Rossa per l’anno a venire.
Un segno meno dipendente sia dall’inevitabile chiusura di alcuni esercizi, sia dalla scelta della Guida Michelin 2021 di eliminare (o declassare – come nel caso di 11 ristoranti, non più stellati) alcune insegne ritenute non più meritevoli.
La domanda che sorge spontanea è dunque: “Era davvero necessario?”.
Era davvero necessario infierire sugli undici ristoranti privati violentemente della stella, aggiungendoli così alla triste lista dei ristoranti non più in Guida a causa di cessata attività o cambio di formula?
Una lista in cui – vale la pena rimarcarlo – spiccano tistemente chiusure eccellenti come quella del Lume di Luigi Taglienti, del Combal.zero di Davide Scabin, o dei due risotranti di Felix Lo Basso.
Era davvero necessario stampare una guida incompleta – non per negligenza, ma per un’effettiva e incontestabile impossibilità da parte degli ispettori di visitare tutti i 2.600 esercizi presenti in Guida (oltre a quelli che si è scelto di escludere) nei pochi mesi concessi a disposizione?!
Trascurando in tal senso, alcune importanti insegne in attesa da diversi anni, oltre a valide aperture recenti come – solo per citarne alcune geograficamente vicine a chi scrive – l’Osteria degli Assonica, il Bolle Restaurant e il Rustikal di Bergamo.
Era davvero necessario introdurre l’evento con fiumi di parole edulcorate a favore delle donne e del loro ruolo nella società, scordandosi poi però di mostrare altrettanta solidarietà nei fatti, magari includendo anche loro nell’assegnazione delle neo-stelle Michelin?!
Nomi meritevoli in attesa ne abbiamo e così – per tenere allenato il cervello e non confinare sempre la coscienza agli appuntamenti primaverili – ricevochiamo quelli di Sara Preceruti, Solaika Marrocco o Deborah Corsi.
Senza ovviamente contare la mancata assegnazione di seconde stelle oltremodo meritevoli che di anno in anno vanno a ingigantire le fila degli incompresi dagli ispettori della Rossa (in quanto pluripremiati da tutte le altre Guide Gastronomiche) come Andrea Berton, Carlo Cracco, Matteo Baronetto e – ovviamente – il caso più eclatante, quello di Riccardo Camanini del Lido 84 (non a caso, scelto per l’immagine di copertina).
Fatto salvo che ogni nuova stella assegnata ha rappresentato una ventata di gioia, è impossibile pararsi gli occhi rispetto a quanto sopra. Ed è altrettanto impensabile non sottolineare quanto, in un anno come questo, la ristorazione italiana avrebbe meritato che un colosso come la Guida Michelin prendesse una posizione esemplare e memorabile, restando vicina e sostenendo il Settore che dovrebbe promuovere.
O per lo meno, era quanto ci si aspettava a seguito delle parole di Marco Do, direttore comunicazione Michelin Italia che – introducendo l’evento di presentazione della Guida Michelin 2021 ha sentenziato: “Mai come quest’anno vogliamo essere vicini agli chef e al personale di sala“.
Vicinanza, dunque.
Ma vicinanza avrebbe significato seguire e condividere il destino di quei ristoranti.
La vicinanza si sarebbe rimarcata assumendo una posizione definita, sollevando il tema dell’inutilità della chiusura dei ristoranti da parte del Governo.
Una vicinanza che avrebbe potuto concretizzarsi in un progetto memorabile a sostegno della ristorazione in Guida Michelin 2021 , magari attraverso il prezioso cotributo offferto dai numerosi e ricchi sponsor sostenitori della pubblicazione.
Vicinanza dunque. Non mero business.
Ma evidentemente, come disse il saggio:
«Cos’è “l’anima del commercio”, se non un ossimoro?!»
Photo credits © per l’immagine in copertina Lido Vannucchi
Photo credits © per le immagini del testo Lucio Elio