Intervista a Enrico Bartolini del Mudec, “L’Uomo delle Stelle”
C’è un solo Chef al mondo che nel 2017 si è aggiudicato un poker di stelle Michelin: ben quattro per tre ristoranti. Due stelle al Enrico Bartolini al Mudec di Milano; una stella al bergamasco Casual; ancora una per la toscanissima Trattoria Enrico Bartolini.
Enrico Bartolini. Lui che di ristoranti in Italia ne ha cinque. Lui che non smette di innescare prestigiose collaborazioni con altrettanto prestigiosi ristoranti all’estero. Prima stella Michelin a 29 anni e un successo inarrestabile.
Considerato dai critici gastronomici come uno tra i giovani Chef più talentuosi e promettenti, Bartolini mette d’accordo tutti: con la sua “ossessiva” ricerca della perfezione e col suo modello di ristorazione basato sulla fiducia e sulla profonda collaborazione con il proprio Team, lo Chef toscano piace! Piace alla Rossa che, premiandolo e innalzandolo come modello, lancia un monito molto forte alla ristorazione italiana più tradizionalista e polverosa; piace al pubblico, che nella cucina di Bartolini ritrova un connubio perfetto tra sapori, quantità e qualità; piace agli addetti al settore, che in lui vedono un giovane coraggioso, capace di portare avanti le proprie idee al di là delle convenzioni: e che, in questo modo, riesce a voltare pagina e a ergersi come riferimento per le generazioni future!
Classe ’79 e originario di Pescia (PT), Enrico Bartolini – fatto tesoro di esperienze pluristellate in Italia e non solo – ha dato vita a uno stile e a una cucina personalissima e dai tratti inconfondibili, che pesca dal passato, ma che non delude le prospettive legate al mondo in cui viviamo. Così, curiosa di andare a scambiare quattro chiacchiere in compagnia di chi – a detta dei più – porrà le basi della nuova ristorazione gourmet in Italia, mi sono recata presso il MUDEC – il Museo delle Culture di Milano in cui, non a caso, Bartolini ha scelto di dar forma alla sua filosofia.
D: «Contemporary Classic. Perché?»
R: «Perché è ciò che ci circonda. Perché è la tradizione osservata con occhi moderni».
D: «Ci troviamo in un museo; e più precisamente, nel Museo delle Culture. Che analogia abbiamo? Lo Chef è più artista o artigiano. O per lo meno, come si sente Enrico Bartolini?».
R: «Enrico Bartolini è un artigiano che in piccolo fa impresa. Come il museo. Entrambe le attività sono ricche di emozioni, e si muovono attraverso un meccanismo umano fatto di idee, esperienze e personalità».
D: «Quando penso a Enrico Bartolini, non vedo semplicemente uno Chef. Penso a un modello virtuoso e impeccabile. Penso a un giovane Uomo che ha saputo creare un ambiente di lavoro impeccabile di cui ogni collaboratore – presente e passato – parla con serenità ed entusiasmo. Penso a un Uomo capace di delegare e che grazie a questa virtù, oggi dirige 5 ristoranti di inappuntabile eccellenza in Italia e che è coinvolto in tre progetti di successo all’estero. Da cosa deriva questa mentalità così manageriale?»
R: «Non mi sento così bravo come dici. Ho trovato comfort quando mi è stata data fiducia e ancor di più quando davanti un errore (mio) le persone che avevo incontro non l’hanno discusso, ma mi hanno suggerito come migliorare. Per me questo è il modo per crescere e usare le tensioni per accelerare le idee anziché il proprio ego».
D: «Spesso, riferendosi agli chef contemporanei, siamo soliti a rievocare lo “stampo” o l’impronta di formazione. Enrico Bartolini, invece, sembra essere unico e originale. »
R: «Riferito ai progetti, condivido con Remo Capitaneo, Sebastien Ferrara e Monica Biella alcuni principi che affidati ai responsabili del progetto si adattano agli ambienti diversi. Riguardo alle mie esperienze e “stampi” tutte le attività che vedo in giro per il mondo, nelle città e nei piccoli centri sono uno spunto. L’ispirazione può nascere da una grande azienda industriale di pelletterie, uno stadio, un concerto, una bar di paese, un amico. Nei contenuti serve identità».
D: «Applombe. Calma. Equilibrio. Agli occhi di un osservatore, tu sei soprattutto questo. Sei davvero così, o c’è altro che non lasci trasparire?»
R: «Mi sforzo di esserlo da sempre. Credo di essere diventato costantemente così. Sono stato più impulsivo, ma non aiutava molto a trovare le mie risposte».
D: «La parola “limite”. Cosa significa?»
R: «Un concetto terribile e concreto. Va conosciuto il proprio limite al fine di poterlo superare».
D: «I tuoi piatti raccontano di viaggi e ricordi… Quanto conta la componente emotiva nella creazione di una ricetta?».
R: «È l’elemento che giustifica lo sforzo. Senza sembrerebbe poco umano».
E come di consueto, la nostra chiacchierata si conclude in un piatto. Un piatto divenuto iconico per Chef Bartolini che, con le rape rosse e il gorgonzola – ingredienti tipici del nord – ha saputo scuotere e sorprendere i luoghi che hanno scelto di tenersi stretto questo Chef toscano dalla personalità e dall’estro indiscutibili.
RISOTTO ALLE RAPE ROSSE E SALSA AL GORGONZOLA
porzioni: 4; difficoltà: media; tempo totale di preparazione: 1 ora
INGREDIENTI
320 gr di riso carnaroli
160gr di purea di rape rosse
100 gr di burro
80 gr di grana
1,2 lt circa di brodo vegetale
100 gr gorgonzola dolce
50 gr vino bianco
Sale
PREPARAZIONE
1- Tostare il riso in pochissimo burro. Bagnare con vino e lasciare sfumare la parte alcoolica. Aggiungere il brodo, il sale e cuocere per circa 11 minuti (non di più).
2 – Nel frattempo, fondere il gorgonzola a bagnomaria con un goccio di latte.
3 – Togliere il riso dal fuoco e mantecare con burro, grana, poi la purea molto fredda di rape rosse e se il gusto lo richiede qualche goccia di limone.
4 – Quando ben cremoso stendere nel piatto. Completare con il gorgonzola, schizzato con l’aiuto di un cucchiaio.
photo credits © Lucio Elio
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