Intervista ad Antonello Sardi, chef del ristorante Virtuoso Gourmet
Vi sono incontri, evidentemente, scritti nelle stelle.
Incontri destinati ad accadere per dare forma a progetti virtuosi, come quello verificatosi nel 2019 nelle sale della Bottega del Buon Caffè, ristorante Stella Michelin di Firenze ai cui fuochi si muoveva con sicurezza uno chef dal percorso anomalo e alternativo e – al cui tavolo – sedeva una coppia di giovani e lungimiranti imprenditori.
Incontri come quello tra lo Chef Antonello Sardi con Valentina Sabatini e il marito Christian Priami che, in occasione di una cena nel locale fiorentino, si innamorano letteralmente della cucina del Sardi, ponendo le basi per una conoscenza che si evolverà in breve tempo in un profondo affiatamento, e in una collaborazione che sfocierà in un progetto ristorativo tra i più soddisfacenti degli ultimi tempi: il ristorante Virtuoso Gourmet dell’agriturismo di lusso, Tenuta Le Virtù.
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Antonello Sardi – classe 1980 e fiorentino purosangue che – formatosi come autodidatta nelle cucine del capoluogo toscano, trascorre un biennio al Ristorante Fuor d’Acqua in Borgo San Frediano, per poi approdare al ristorante Devero al fianco dello chef Enrico Bartolini che lo porta con sé anche nella successiva esperienza stellata al Ristorante Perillà in Val d’Orcia, dove inizia la sua carriera di chef. Nel 2013 rientra alla Bottega del Buon Caffè a Firenze, ove diventa executive e conquista il suo primo macaron.
Nel 2019, il desiderio di cogliere nuove opportunità lo conduce nel Mugello alla Tenuta Le Tre Virtù e al suo ristorante Virtuoso Gourmet, ove trova la formula perfetta riconquistando la stella nella guida Michelin 2020 e inaugurando una cucina basata esclusivamente su prodotti locali con cui esprimere a fondo la propria passione per il territorio e il naturale legame con il progetto della Tenuta.
Una storia genuina, fatta di emozioni ed empatie; troppo bella per non sertirla raccontare dalle labbra dello chef Antonello Sardi.
D: «Antonello Sardi è…»
R: «Oggi più che mai, Antonello è un cuoco che ha realizzato il proprio sogno».
D: «Parlaci di questo sogno allora! Da lavapiatti a unico stellato nel Parco del Mugello. Raccontaci della tua parabola attraverso gli stimoli e le figure fondamentali nel tuo percorso?»
R: «Il mio è stato un percorso anomalo, poiché ho avuto l’opportunità di avvicinarmi ai fuochi solo all’età di ventisette anni. Non ho ricevuto la classica formazione alberghiera ma a un certo punto della mia vita, ho sentito che mancava qualcosa, nonostante ai tempi avessi un lavoro sicuro che mi avrebbe garantito un futuro senza preoccupazioni. Ciò a cui ambivo, era quella sensazione elettrizzante che solo un lavoro asspasionante ed entusiasmante può darti! La sintonia con la cucina è nata intorno ai ventitré anni quando, andando a vivere da solo, mi sono ritrovato nelle condizioni di dover cucinare per me, per la mia fidanzata (e attuale moglie) e per gli amici. E sai che c’è: ho scoperto che cucinare mi riusciva facile e che soprattutto mi piaceva (anche perché nelle mie vene, scorre sangue romagnolo da parte materna). Così, con il solo sostegno della mia fidanzata, a ventisette anni, ho deciso di mollare tutte le sicurezze, per un lavoro come lavapiatti al ristorante Ricchi di Firenze. Qui, lo chef Pierluigi Campi ha probabilmente colto la mia volontà e passione, concedendomi un passo per volta l’opportunità di apprendere un mestiere che, esperienza dopo esperienza, mi avrebbe riservato soprese insaspettate. Ho rischiato tanto lungo il mio percorso, come quella volta che lasciai un posto a tempo indeterminato per iniziare una prova di quindici giorni al Ristorante Fuor d’Acqua in Borgo San Frediano; osai il tutto per tutto e la fortuna premiò la mia audacia, poiché venni assunto, trascorrendo un intero biennio lavorativo, sino a giungere alla cosiddetta fase bartoliniana, prima del ritorno a Firenze nel 2012 alla Bottega del Buon Caffè nelle vesti di sous-chef, per poi divenire nel giro di un anno executive del ristorante, conquistando nel 2014 la stella Michelin e intraprendendo un quinquennio costellato di importanti esperienze. Nel 2019, sentivo il bisogno di nuovi stimoli e al contempo di allentare la cinghia, ritrovando un rapporto con il tempo, con i valori per me importanti (primo fra tutti, la famiglia) e con la natura. L’incontro con Christian e Valentina è stato voluto dal destino e – nonostante fossi stato inondato da proposte lavorative di un certo pregio – appena varcato il cancello della Tenuta le Tre Virtù, ho capito che avrei potuto lavorare solo qui e che insieme avremmo costruito un progetto davvero speciale! Ad aprile abbiamo aperto e a novembre è arrivata la Stella».
D: «Secondo una lettura teologica, le tre virtù sarebbero Fede, Speranza e Carità. Quali dovrebbero essere le Tre Virtù del bravo chef?»
R: «Sacrificio e volontà nel proprio lavoro; sensibilità del palato; carisma».
D: «Due piatti che non toglieresti mai dalla carta: uno perché i tuoi clienti non smetteranno mai di chiedere. L’altro perché ritieni ti rappresenti sino in fondo».
R: «Ti dirò… Ci sono piatti a cui sono particolarmente affezionato, ma non mi sento di dire che non li sostituirei o cambierei mai: innanzitutto, vale la pena precisare che le mie attuali proposte trovano un senso d’essere qui alla Tenuta Le Te Virtù perché è il contesto che ne completa e ne arricchisce l’esperienza: dalla location che ci accoglie, al servizio di Valentina».
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tenutaletrevirtu.it
Photo credits © Lucio Elio