Natale bussa alle porte e ciascuno – chi per lavoro chi in famiglia – è alle prese con i preparativi per uno dei pranzi più importanti dell’anno.
Siamo fortunatamente lontani dai retaggi anni ottanta in cui ci si sedeva a tavola a mezzogiorno per terminare appesantiti all’ora di cena. Pranzi che iniziavano con una decina di antipasti differenti (come dimenticare i sormontè salati, il plateau di salmone affumicato, il paté di gastronomia, i vol au vent precotti e farciti con gamberetti in salsa rosa o paciughi di prosciutto cotto), proseguivano con almeno un paio di primi e un secondo di carne arrosto ovviamente secchissima, concludendosi con panettoni industriali con immancabile di salsa al mascarpone?!?
Immagini che disturbano la vista e piatti che solo a rievocarli corre un brivido lungo la schiena e che ci auguriamo di non trovare più su nessuna tavola dell’Universo, ma di cui – aihmé – trovi ancora qualche ricetta pubblicata nel web, dalle mie “colleghe” blogger.
Fortunatamente oggi il buon gusto e la consapevolezza spingono verso pranzi più morigerati, in cui la qualità vince sulla quantità e nei quali i famosi fuochi d’artificio si fanno con la maestria del proprio lavoro e spolverando la tradizione.
Chiacchierando con alcuni degli Chef che più ammiro o con cui ho legami ormai speciali, scopri come per più o meno tutti irrinunciabile sia la pasta ripiena e, nello specifico, il cappelletto di cappone in brodo: è il caso del Maestro Ezio Gritti, del nostro Michele Sana o Chef Riccardo Camanini di Lido 84, che lo definisce un piatto “rassicurante e avvolgente”.
Spazio anche ai secondi, con un cappone su purea di sedano rapa e salsa al porto di prugne per Chicco Coria del One Restaurant o la gallina bollita della Famiglia Santini del tristellato Dal Pescatore che, tradizionalmente, non vuole neppure rinunciare alla mostarda mantovana in accompagnamento al panettone.
C’è chi invece come Luca Cai del Magazzino di Firenze, mio trippaio favorito e di riferimento, non rinuncerebbe mai a un antipasto tipico della sua terra, ovvero, i crostini di fegatino toscani.
Personalmente, quest’anno la butterò molto sulla semplicità e sulla tradizione, svecchiandola in coerenza con la filosofia di Mangiare da Dio. Un menù semplice ma preparato con cura e amore; pochi piatti per deliziare senza appesantire la ma famiglia.
Di antipasto proporrò un cotechino vaniglia preparato da un allevatore del mio territorio e servito rubando e mescolando alcune idee suggeritemi da Chicco Coria in occasione di un corso dedicato alla preparazione dei bolliti tenutosi lo scorso anno presso lo spazio SAPS Agnelli. Di primo, ovviamente, una pasta ripiena confezionata insieme alla mia famiglia la vigilia e che è un po’ un omaggio a Milano, mia città natale. Di secondo, rivisito la ricetta del manzo all’olio di Rovato e lo servo con una polentina bergamasca, giusto per non farmi espellere anzitempo dalla mia comunità.
I dolci, per non sbagliare, li lascio invece preparare alla pasticceria Cortinovis di Ranica, neo promossa per la Guida Gambero Rosso Pasticcerie 2016.
Buon Appetito e buon Natale!