Esitono progetti vincenti ancor prima che vedano la luce.
Progetti destinati al successo poiché fondati su eperienza, idee e appassionata professionalità.
Progetti vincenti poiché identitari, spontanei e intrapresi dai giusti protagonisti che – in quest’avventura – rispondono al nome di Alex e Vittorio Manzoni, e Giovanna Danzo.
Nomi noti nel panorama ristorativo orobico che – forti dell’esperienza maturata nel settore – all’inizio di questo 2020 – colgono l’opportunità di far rivivere un ristorante situato a pochi chilometri da Bergamo, in cui dare forma a un progetto capace di coniugare l’Alta Cucina ad atmosfere spontanee, gradevoli e familiari.
Teatro di tale progetto l’Osteria degli Assonica, ristorante in cui i fratelli Alex e Vittorio Manzoni coronano definitivamente il sogno di sempre, ritrovandosi nella stessa cucina e innescando un progetto familiare e comune.
Classe ’91 e originario della Valle Imagna come il fratello Vittorio, Alex Manzoni– dopo essersi formato in alcune grandi cucine stellate come l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, il Mugaritz di Andoni Aduriz, La Peca dei fratelli Portinari, o El Coq di Lorenzo Cogo, affianca in qualità di sous-chef Alessandro Dal Degan alla Tana Gourmet di Asiago, per tornare infine nella sua Bergamo in qualità di resident Chef al ristorante Casual di Enrico Bartolini.
Alex che – per sua stessa ammissione -sceglie la strada della cucina per emulare il fratello maggiore, quel Vittorio Manzoni di sette anni più grande che – a seguito di alcune esperienze tra Italia e Europa diviene braccio destro di Luca Brasi, dapprima alla Lucanda, poi al Devero e infine a La Braseria, celebre ristorante specializzato in proposte di carne di altissima qualità.
Con loro Giovanna Danzo, vicentina classe ’88 – moglie di Vittorio – e massima espressione di maître e sommelier che – a seguito della trascorsa esperienza nella Sala del ristorante Casual di Bergamo – porta la sua proverbiale e affabile professionalità “in famiglia”, accogliendo gli ospiti dell’Osteria degli Assonica da perfetta padrona di casa.
Un casa, una famiglia, a cui si aggiungono il giovane Davide tra i fuochi e il sommelier Enrico Teli che – in supporto a Giovanna – propone una carta dei vini costruita in maniera intelligente, alternando una proposta più classica a una contemporanea e sostenibile, regalando un percorso esperienziale che si struttura in circa cinquecento etichette tra cui champagne, bianchi e bollicine gridano con orgoglio la propria supremazia.
Una casa in cui nulla è scontato o banale, a partire dalla proposta gastronomica alla cui base vi è una ricerca infinita e incessante, e in cui si sommano le profonde esperienze dei due chef – oltre alle passioni di entrambi, in cui l’orto di proprietà e la facoltà di autoprodurre frutta e verdura costituisce un tassello fondamentale.
Una ricercatezza mai esasperata all’assaggio che è possibile riscontrare sia nella scelta alla carta, che in uno dei due menù degustazione: A-mare – interpretazione del pescato in cinque passaggi – o Vit.Ale – acronimo dei nomi dei due chef che, attraverso un percorso alla cieca, ci introduce in un’esperienza più strutturata e spesso ispirata dal ricordo o più semplicemente dalle passioni dei Manzoni brothers.
Ricercatezza che emerge sin dagli amuse bouche in cui grande risalto viene ricoosciuto alla componente vegetale e in cui spiccano piccole grandi golosità come la Royale di fegatini e olivello spinoso, il Tacos di farina di fagioli, sgombro marinato e prezzemolo o la Millefoglie di patate e chimichurri.
Antipasti e secondi sono affidati ad Alex che in ogni portata manifesta la propria passione verso la nota vegetale e le note agro-amare, pur sempre restando ancorato a una cucina immediata e comprensibile, come nel caso dei Gamberi rossi, gazpacho, mandorla amara e insalatina di senape bianca, piatto ragionato sui contrasti e magistralmente eseguito intorno ai suoi equilibri.
Altra passione del giovane Manzoni, certamente il bosco, espresso in piatti come Porcini, caviale di muggine greca, panna al fieno e lime in cui la sapidità marina e la dolcezza della panna al fieno emergono come elementi vincenti al palato.
Dall’antipasto al primo, affidato a Vittorio Manzoni che con la Linguina, bagna caoda, ostriche e ginepro fermentato ostenta sin da subito la propria golosità e la passione condivisa col fratello per l’universo botanico grazie alla finitura del piatto con verbena odorosa, geranio e fiori di borragine. Le ostriche mantengono una consistenza e un vigore senza pari grazie alla cottura a bassa temperatura (58° per 28 minuti) che – tra l’altro – ingentilisce la componente iodica e salmastra tipica del conchigliaceo, lasciando emergere l’aspetto più nocciolato.
Audace, impavido e a tratti commovente il Risotto al brodo di gallina, alloro e chiodi di garofano, probabilmente la portata meno immediata dell’intera degustazione, ma per questo capace di fissarsi nella memoria del fortunato commensale. Un piatto che nasce dal ricordo proustiano del risottto che la mamma preparava a Vittorio e ad Alex e che all’Osteria degli Assonica rivive in una proposta inedita il cui la nota amara viene esasperata nell’estratto di alloro alla base, perfettamente bilanciata dall’acidità dei fiori di erba cipollina sottaceto e dai chiodi di garofano fermentati.
I secondi prevedono proposte anche interamente vegetali in cui Alex Manzoni manifesta la propria schizzofrenia creativa fatta di sali-scendi tra acido e amaro e in cui i contrasti agrodolci e la declinazione degli elementi lasciano spazio all’attenzione intorno alle consistenze della materia, come nel caso del Peperone grigliato, fragole e cipolla agrodolce, sambuco e capperi.
La perfezione giunge con le carni in cui la tecnica di Alex e la profonda cultura di Vittorio si incontrano in un mix esplosivo: il piccione italiano dell’Osteria degli Assonica si guadagna facilmente il primato per gusto, consistenza ed esecuzione, grazie a una paziente frollatura in cella di petto e coscia con strutto, successivamente serviti con funghi trombetta, ciliegie, estratto di abete e le sue gemme.
A seguire, dei bottoni farciti con il quinto quarto dell’animale chiudono con la componente più ferrosa, e se vogliamo, classica della portata.
Ancora quinto quarto e ancora picchi di piacere con la Lingua di vitello, champignon fermentati, capperi di tarassaco e aceto di albicocca – altro piatto che vale il viaggio e che propone una masticabilità sino ad ora sconosciuta e un gioco di contrasti che trasporta il commensale in uno stato di grazia.
Chiude con stile e coerenza la Mousse alla birra e miele, gelato alla corteccia di noce, nocciolo e abete e ribes, un dolce audace ma perfettamente ancorato a una cucina comprensibile, in cui tornano nuovamente gli elementi botanici e il saliscendi di contrasti tanto cari ai fratelli Manzoni.
Photo credits © Lucio Elio