Al mondo esistono i Supereroi.
Regola che vale anche nel goloso Universo della Pizza che ha il suo, e che risponde al nome di Franco Pepe che ovviamente, ci porta in Terra Campana, ma inaspettatamente non a Napoli.
E’ infatti a Caiazzo, piccolo borgo di grande fascino locato nel casertano che ci si deve spingere per raggiungere quella che recentemente il quotidiano inglese The Guardian ha sancito come la miglio pizzeria al mondo. Valutazione in totale accordo con altre importanti testate, critici e opinion leader e – udite udite – un gran numero di colleghi che, accantonate invidie e divergenze, vedono in Franco Pepe un esempio virtuoso e un paladino in termini di qualità e ricerca.
Franco Pepe, “un artigiano moderno con l’antica passione per la pizza”, come egli stesso ama presentarsi. Un Uomo che ha saputo conciliare sapori e antiche virtù del piatto più famoso d’Italia con una formula attuale di attività e proposta.
Pepe in Grani, sorge infatti in un vicoletto di Caiazzo in cui si trovavano i ruderi di un’antica palazzina del ‘700. Franco se ne innamora e nel 2012, andando contro ai pareri di tutti, decide che lì sorgerà la sua pizzeria: un progetto innovativo, che vuole ricreare al suo interno tre sfere così simili, così diverse: la tipica pizzeria; la sala degustazione; la private room. Ambienti che andassero ad affiancarsi al concetto di ospitalità che Pepe aveva in mente e che lo porta – grazie alla collaborazione di Architetti, falegnami e costruttori locali a delle camere dal design elegantemente essenziale in cui soggiornare. Camere indispensabili, dal momento che, per conoscere Franco Pepe e Pepe in Grani, i visitatori si spingono sin dall’altra parte del mondo.
Ma nonostante il progetto sia tanto giovane, Pepe affonda le sue radici professionali in una famiglia che da tre generazioni è Maestra dell’impasto, arte iniziata dal nonno Ciccio e tramandata con passione da padre in figlio.
Un’arte che Pepe non ha mai smesso di affinare poiché – come conferma egli stesso – “non esiste una vera e propria ricetta per la pizza perfetta”. Sono molteplici le variabili che influiscono sulla resa finale. La stessa farina, che Franco Pepe fa realizzare per la propria attività – e che non a caso porta il suo nome – è il risultato di un blend di cereali che il Mastro Pizzaiolo si riserva di variare o perfezionare nel tempo.
Tempo. L’elemento più evidente nel progetto di Franco Pepe, che torna ciclicamente sottoforma di elementi tangibili o effimeri.
Il Tempo, quello che lui stesso ha scelto di rivivere attraverso la collaborazione con alcuni contadini del Territorio che, grazie al suo stimolo e impulso – hanno saputo recuperare e sviluppare prodotti autoctoni tipici della zona, come il pomodoro riccio, i ceci delle colline caiatine o la cipolla di Alife, prodotti che Pepe non impiega semplicemente per le sue creazioni – note per l’attenzione al Kilometro Zero – ma che egli stesso si è impegnato a diffondere e promuovere.
Il Tempo, quello che oscilla tra un passato fatto di tradizione e un futuro votato alla pedissequa sperimentazione.
Il Tempo, quello più evidente, e quello necessario alla realizzazione di un impasto perfetto e senza paragoni. Un impasto che non si limita a esigere un lungo ciclo di lievitazione (ormai comune e scontato tra la maggior parte dei pizzaioli), ma che rifiuta le macchine, anteponendo a esse il prezioso lavoro dell’uomo.
Lev Tolstoj asseriva che Tempo e Pazienza fossero gli attributi più importanti dei grandi guerrieri. Medesime condizioni che percepisci varcando l’uscio della stanza in cui Pepe e i suoi ragazzi trascorrono ore e ore a impastare, miscelando con pazienza ingredienti con il solo ausilio delle proprie mani e braccia e il supporto delle madie in legno – che ovviamente Pepe fa realizzare da un falegname di Caiazzo – e che consentono agli impasti di crescere con pazienza e dare poco per volta forma e sostanza a quella pasta profumata, soffice e leggera che – è innegabile – non teme confronto alcuno.
Un impasto che si unisce in un incontro perfetto con topping che sfidano le normali convenzioni e formulano ànastrofi inattese, come nella celeberrima Margherita Sbagliata, forse la pizza più celebre di Franco Pepe, che ricrea attraverso una vera e propria inversione di ingredienti e abitudini, sia per valorizzarne sapori e consistenze, sia per preservarne al massimo l’aspetto nutritivo e salutistico. Ecco, questo è Franco Pepe, professionista con una marcia in più che ha saputo ragionare su un prodotto e sulla conoscenza tecnico-scientifica delle materie prima. E’ per questa ragione che il pomodoro riccio (un pomodoro che affonda le sue origini a oltre due secoli addietro) utilizzato per “la sbagliata”, non viene cotto in forno, appiattendosi agli altri ingredienti e perdendo ogni virtù nutrizionale; no, viene passato e aggiunto a fine cottura, così come il basilico che – invece che essere gettato svogliatamente sulla pizza, viene valorizzato in un pesto aggiunto, ovviamente anch’esso, a fine cottura. Medesima interpretazione per la Pizza con la scarola riccia – una volta tanto non ripassata. Innumerevoli le pizze imperdibili per cui è consigliata una degustazione e un incessante invito all’assaggio. Indimenticabile sia nella versione fritta che al forno, la Pizza di Pepe stupisce per leggerezza: nel primo caso servita in una variazione di Sensazioni di Costiera, la classica Montanara e Mortadella ricotta e limone.
Ciò che esce dal forno ha dell’incredibile, soprattutto in considerazione della pedissequa attenzione di Pepe e del suo staff che non solo si accerta che non arrivi al tavolo una pizza bruciata (purtroppo è una cosa che accade ancora, persino in pizzerie selezionate da guide come quella del Gambero Rosso), ma ne pulisce con precisione il fondo, affinché questo non sporchi il piatto del commensale.
Un’attenzione maniacale, che eleva al massimo un servizio portato avanti da ventotto persone in totale e che garantiscono un ritmo incessante e indispensabile a un locale che – in alcune serate – arriva a servire sino a settecento coperti. Avete capito bene! Scelta obbligata quella di Pepe che, per mantenere una proposta politica (la pizza più cara tocca al massimo i 10 euro) di un prodotto di tale qualità, ha saputo costruire un business perfetto che – ovviamente – non mostra sbavature anche grazie all’efficienza di uno staff numeroso e preparato e cortese.
Non solo Margherita Sbagliata; le pizze raccontano una storia che seppur recente ha saputo ergere un mito, come la Sfizio ai pomodori (con pomodorino giallo Lucariello, pomodoro San Marzano essiccato al sole con sale di Trapani, mozzarella di Bufala Dop, Grana Padano e olio EVO varietà Caiazzina), la Riccia nero ripiegata (con fiordilatte, scamorza affumicata, salsiccia secca di maiale nero casertano, scarola riccia a crudo e origano) e soprattutto la Pizza Scarpetta, ricetta studiata in collaborazione con lo Chef Nino di Costanzo e che gli ha valso il titolo di “Piatto dell’anno” in occasione dell’Ultima edizione di Identità Golose. Una ricetta che Paolo Marchi & Co. non hanno avuto problemi a sancire di tale titolo, incoronando questa pizza caratterizzata da una base di mozzarella di bufala Dop e una crema di Grana Padano 12 mesi, composta di pomodoro a crudo, scaglie di Grana Padano 24 mesi, basilico liofilizzato e fiore di basilico, e preferendola a numerose altre proposte di cosiddetta Alta Cucina.
Un progetto, quello di Franco Pepe, destinato a crescere esponenzialmente e che – dopo numerose collaborazioni – è recentemente approdato in terra di Franciacorta, nella meravigliosa cornice dell’Albereta Relais & Chateaux dove, a fianco dello Chef Fabio Abbattista sperimenterà nuove versioni da affiancare alla sua esperienza e alla sua tradizione e proporre a La Filiale. Ma questa, è certamente un’altra storia…
Reportage photo credits © Lucio Elio