Ba.
Si parte da qui.
Si parte dall’etimologia di un fonema che, con buona probabilità, a noi occidentali non evocherà che un semplice suono.
Eppure, in quei due soli caratteri è racchiuso un universo di significati.
Significati che debbono essere necessariamente ricercati in una cultura lontana, eppur sempre più familiare. Una cultura che affonda le proprie radici in una civiltà antichissima e che ci trasporta in Oriente e, più precisamente, in Cina.
Ba, dicevamo.
Termine che nella lingua cinese significa “otto”, il numero dell’armonia, della stabilità e della prosperità. Un numero dalla forte connotazione positiva che, se capovolto e osservato da un differente punto di vista, evoca la lemniscata, ovvero quel simbolo dell’infinito che, tracciando curve perfette, definisce un tratto senza conclusione alcuna.
Ba, nella lingua cinese, significa però anche Padre, interpretato non semplicemente come elemento genitoriale ed esempio di vita sia affettivo che professionale, ma anche come principio da cui tutto trae origine.
Ba, anzi Ba Asian Mood, a Milano è un ristorante.
Un ristorante che racconta il capitolo di una storia importante – quella della famiglia Liu – sorto nel 2011 grazie all’idea e all’iniziativa di Marco Liu, terzo e ultimo di tre fratelli che oggi incarnano l’esempio famigliare per l’alta ristorazione etnica non solo milanese, ma di tutto lo Stivale (i fratelli sono Claudio Liu con Iyo, e Giulia Liu con Gong).
Leggi la recensione del ristorante Gong di Giulia Liu
Leggi la recensione del ristorante Iyo di Claudio Liu
Un esempio di cui Marco rappresenta un tassello fondamentale da quando, all’età di soli vent’anni, sceglie di prendere in mano le redini del cambiamento del ristorante di famiglia, trasformando quella che era una pizzeria e un luogo in cui gustare la cucina della tradizione italiana in un locale che potesse colmare tutte le lacune dei numerosi e un po’ anonimi ristoranti cinesi presenti in città: dalla qualità della proposta, all’ambiente; dalla cantina al servizio. Un esperimento che risulta vincente sin da subito, onorando la sincera tradizione della cucina cinese, e liberandola da quei fastidiosi cliché fatti di lanterne, gattini del benvenuto e polli alle mandorle che per anni hanno offuscato la bellezza e l’assoluta qualità di una cultura vasta e articolata come quella cinese.
Una cultura che al Ba viene esaltata e reinterpretata incessantemente attraverso visioni contemporanee che ne esaltano il carattere autentico e attualissimo.
A partire dalla cucina, affidata alla direzione dell’Executive Chef Brian (Hooi Mun Chung) che forte di un ricco e consolidato bagaglio di esperienze internazionali di alto livello, coordina una brigata di dieci elementi, proponendo piatti che esprimono il meglio della tradizione culinaria cinese, sposandola con tecniche e ingredienti d’eccellenza tipici della paese d’adozione, ovvero l’Italia.
Italia, ma non solo: grande infatti è la passione per la Francia – come dimostrano le ostriche servite come amuse-bouche o il Torchon di foie gras d’oca, realizzato con le 5 spezie cinesi e servito con del crumble di lampone liofilizzato, una marmellata di arance e salsa alle fragole, riduzione di aceto di riso, sesamo tostato e soia. Un piatto in cui emerge prepotentemente il gioco di contaminazioni tra Oriente e Occidente, così come nel Porcino nel Bosco, momento di pura felicità e imperdibile antipasto ludico che – attraverso il gioco delle illusioni – svela un bun cotto al vapore ripieno di porcini, polvere di funghi shiitake, crumble di pepe di sichuan, scalogno, carbone vegetale, funghi pioppini e tartufo uncinato. Un piatto che affascina, diverte e soprattutto soddisfa il palato.
Esplosione di gusto e picco di piacere per i Dim-Sum, cavallo di battaglia della carta del Ba – Asian Mood che con oltre dieci proposte, si proclamano come leader assoluti di un menù che promette un’esperienza di altissima qualità. Suggerita una degustazione “capillare” o, quantomeno, l’assaggio della Selezione di 5 ravioli, ovvero: Ravioli Viola all’Astice e Tobikko Black, Ravioli Verdi alle Verdure, Ravioli Rosa alle Capesante e Tobikko Orange, Ravioli Black Tartufo (con Filetto di Black Cod, Tartufo Nero su Crema Tarufata, Tobikko) e Ravioli al Nero di Seppia con Branzino e Tobikko Orange.
Il King Crab – nella versione dello Chef Brian – è raffinato, morbido e succoso e porta con sé tutte le note orientali dello zenzero e quelle più spinte del peperoncino jalapeño. Un piatto equilibrato ma al contempo talmente goloso da chiudersi – meritatamente – con la scarpetta da realizzare con il “sigaro” di mantou, pane lievitato cinese prima cotto al vapore e poi fritto. Tenera e dai contrasti centrati la Guancia di Vitello Brasata, Porro Abbrustolito e Ciuffi di Porro Croccante.
Buoni anche i dolci che – per l’occasione – abbandonano la componente orientale per affidarsi infine a logiche, tecniche e sapori della pasticceria europea.
Uno stile evidente non solo nei piatti, ma esplicito anche nelle atmosfere: un ambiente di rara suggestione e dal mood internazionale, in cui la linearità degli elementi e i toni neutri della Sala sono piacevolmente contrastati da scenografiche macchie di colore rosso, rappresentate da complementi di design di grande pregio, che rievocano con coerenza la filosofia di questo ristorante.
La Sala, diretta con professionalità e passione da Marco Liu, si muove con garbata disinvoltura, grazie a un servizio attento capace di raccontare con convinzione i piatti della Carta e proporre i giusti accompagnamenti al calice o in bottiglia, grazie a una pregiata selezione di oltre 400 etichette.