Sono trascorsi vent’anni.
Vent’anni da quando un giovane Fabio Silva proveniente dal quartiere di Secondigliano a Napoli, varcava la soglia del Derby Grill, ristorante situato all’interno dello storico Hotel de la Ville di Monza, struttura nata come locanda alla fine dell’ottocento, e gestita con passione e tenacia dal 1956 sino ai nostri giorni, dalla Famiglia Nardi.
Un luogo che si propone senza dubbio, come uno dei migliori (se non il migliore!) riferimenti gourmet per la città di Monza e che racconta di una storia che nel nome dell’umiltà, dell’entusiasmo e della condivisione, ha accompagnato un giovane a divenire da commis di cucina a Executive Chef.
Un percorso, quello di Silva, trascorso principalmente all’interno delle cucine di questo piccolo gioiello appartenente ai Small Luxury Hotels of the World ma che gli ha lasciato il tempo di uscire e affinare conoscenze e capacità al fianco di Maestri dell’Alta Cucina o dell’arte Bianca come Claudio Sadler, Antonino Cannavacciuolo, Paola Budel o Luigi Biasetto.
E’ emozionante il racconto del Patron Nardi, rievocante gli inizi di Fabio Silva, e di come la sua volontà, il temperamento e la partecipazione lo abbiano accompagnato in un percorso che ha contribuito a costituire e formare l’attuale filosofia dello Chef: una filosofia votata a una profonda conoscenza del mestiere, alla motivazione e alla scoperta: lascia infatti esterrefatti l’approccio con le idee di questo giovane chef che sceglie di non accomodarsi nella comfort zone della cucina mediterranea, ma che osa e scavalca senza difficoltà anche la più radicata tradizione brianzola. Esatto! Silva va oltre, appassionandosi a tutti quei prodotti sinceri e onesti del nostro Stivale, e privilegiando materia di assoluta qualità, con un occhio d’attenzione al Slowfood e al Kilometro Zero, là dove possibile.
Un percorso gastronomico, quello dello Chef Fabio Silva, che va oltre alla più classica contaminazione tra Terra natia e regione ospitante, ma che non può esimersi dall’accettare la provocazione di un incontro tra le sue origini e quelle più tipiche della tradizione meneghina, presentando un Ossobuco con una salsa realizzata con il suo fondo, zenzero e lime, accompagnato dalla golosissima montanarina. Accantonati i sapori di casa, ci si sposta verso atmosfere orientali, evidentemente care a Silva che in un polpo con salsa ponzu, sorbetto al pompelmo rosa, bottarga di muggine e crumble al cacao, trova contrasti interessanti e a tratti divertenti.
Geniale negli abbinamenti la terrina di anguilla, cavolfiore e salsa di mandarino alla brace un piatto che, oscillando tra laguna e gli agrumeti del sud, rivela tra l’altro l’attenzione e il grande talento di Silva nel trattare la materia, attraverso tecniche di cottura avanguardiste e di grande precisione. Discorso che vale anche per l’indimenticabile lingua di Fassona, nocciole, puntarelle e acciughe del Cantabrico.
Sorprendenti i primi, soprattutto nel caso del Risotto riserva San Massimo, curcuma, calamaretti spillo e riduzione di anduja che, rievocando unicamente un vago accenno del più classico riso alla monzese, provoca il commensale, aprendo le menti e ampliando prospettive gustative. Da plauso anche la pasta fatta in casa, che nei ravioli di coniglio e rosmarino, burro al tartufo bianco e brodo di parmigiano rivela un piatto perfettamente equilibrato e di indiscutibile carattere.
Indimenticabile e lontana dalla diffusa banalità di proposte affini e troppo spesso ripetitive, la ventresca di tonno alla brace, crema di peperoni, carota al lime e acetosella, un piatto che esalta sapori e consistenze, attraverso un’affumicatura elegante e un gioco di sapori che diverte e stimola il palato.
Gradevole anche la nota dolce, sia nel caso della mela annurca, crema di zucca con gelato dei suoi semi e crumble di mais blu della Brianza – inno a stagione e territorio, sia per l’indimenticabile e sorprendente Cremoso al cioccolato Orelys, topinambur al caffè e gocce di liquirizia – da annoverare tra i dolci più interessanti di tutto il 2017.
Piacevole anche la bavarese al rum, cioccolato e castagne, così come le petit-fous da caffè.
Le quattrocentocinquanta etichette in carta, insieme a un servizio di Sala gestito con disinvolta professionalità da Roberto Brioschi – Restaurant Manager – e Antonio Renzulli – Maître d’Hotel, completano un progetto pressoché perfetto a cui – è il caso di sottolinearlo – manca solo la Stella Michelin.
Una cucina molto moderna quella di Silva e che non teme di contrastare con il contesto elegante dell’Hotel de la Ville né tanto meno con la cucina brianzola, a cui siamo stati a lungo abituati. Un indirizzo da segnare e uno Chef da tenere a mente per chiunque desideri continuare a conoscere, scoprire, sorprendersi.
Photo credits Derby Grill