Lo percepite?
Il suono caldo, sordo e vibrante di quel grande piatto dalla forma circolare.
Pare quasi di udirlo maestoso ed elegante, il Gong di onice che imponente e solenne, sembra voglia concentrare energia palpitante pronta a diffondersi in ogni angolo dell’elegante sala.
Una sala che in ogni suo scorcio o dettaglio racconta di un progetto ambizioso e perfettamente riuscito che affonda le sue radici nel 2015, anno in cui Giulia Liu – seconda di tre fratelli rappresentanti dell’eccellenza etnico-gastronomica per la città di Milano e non solo – sceglie di dare vita al ristorante Gong, mettendo in atto il proprio sogno, ovvero creare un luogo conviviale di evidente ispirazione orientale, che abbracciasse con convinzione e assoluta coerenza l’inconfondibile stile della tradizione mediterranea.
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Un “ponte”, come ama definirlo la stessa Giulia, che possa mettere in relazione Oriente e Occidente, tradizione e innovazione. Come? Attraverso un naturale gioco di relazioni che Giulia Liu – nata in Cina ma cresciuta in Italia – innesca con i due Chef Keisuke Koga e Guglielmo Paolucci: il primo giapponese con numerose esperienze internazionali alle spalle, in cui l’Europa la fa da padrona; il secondo romano purosangue che, dopo aver maturato importanti esperienze anche stellate (con Severino Gaiezza al Gambero Rosso, Antonio Guida al Pellicano, Michelino Gioia, Damiano Nigro e Fabio Baldassarre all’Unico) porta la creatività e la raffinatezza della cucina europea che, uniti alla tecnica e al rigore del Maestro Koga, danno forma a un binomio creativo in cui emergono con eleganza gli elementi caratterizzanti di quello che potremmo tranquillamente definire lo “stile Gong“. Od Oriental Attitude, se preferite.
Uno stile unico, basato su curiosità, rispetto e desiderio di correlare culture e pensieri apparentemente differenti che, in un gioco di incastri, mostrano quanta ricchezza e bellezza possa nascere dalla contaminazione.
Una contaminazione che attingendo dalle antiche ricette della tradizione cinese, si sviluppa grazie alle tecniche nipponiche e al dialogo con la cucina nostrana e d’Oltralpe. Il risultato? Una formula contemporanea e internazionale che merita l’esperienza.
Esperienza che mette sin da subito in chiaro il suo obiettivo, ovvero quello di proporre le migliori materie prime provenienti da tutto il mondo, stupendo e coinvolgendo ogni senso. Lo raccontano con chiarezza gli Amuse-bouche, dalla Selezione di ostriche Fine de Claire servite con gelatina di tosazu, spuma di ponzu, battuta di cipolla rossa e pomodoro datterino, allo Shiso in tempura, riso, king crab e ricci di mare, al Wafer al sesamo con crema di salmone al kabosu.
Il concetto di contaminazione è sin da subito evidente con la Ceviche di spigola all’asiatica, piatto in cui gli elementi del nostro Territorio si uniscono in matrimonio ai profumi e sentori orientali: la spigola – lavorata secondo la tipica preparazione sud-americana, viene nobilitata grazie alle acidità del sudachi (lime dell’Asia) che ritrovando le armonie di soia, battuta di cipolla rossa allo yuzu e peperoncino jalapeno, danno forma a uno dei piatti più interessanti in materia di crudi.
Scenografico e profumato uno dei piatti iconici del ristorante Gong, l’Hamachi in cupola di fumo, una ricciola del Pacifico servita con insalata crescione, affumicata con legno di melo sotto una cupola di vetro innanzi al cliente. Al di là dell’evidente “effetto Wow!”, il piatto risulta piacevole al palato e per nulla stucchevole, soprattutto grazie agli equilibri perfetti dell’acidità data dalla salsa Sumiso in accompagnamento.
Come prevedibile, il Nirvana del piacere arriva con i Dim-Sum e in particolare con il Raviolo di Wagyu, piatto in cui l’incontro tra culture cinese, giapponese, italiana e francese si sintetizza in un peccato di gola che, davvero, vale il viaggio: il tipico raviolo cinese viene farcito con la prestigiosa carne giapponese e impreziosito con una salsa di fois-gras e tartufo. Un’esperienza indimenticabile in cui tecnica e sapore si fondono alla perfezione.
Buono anche il Raviolo d’oro,evidente omaggio alla città di Milano in cui il clasico risotto con ossobuco cede il posto a un raviolo cinese allo zafferano ripieno di ossobuco, accompagnato da una crema di riso carnaroli allo zafferano. Sintesi che mostra quanto alla base di qualsiasi evoluzione debba necesariamente esitere una radicata e infinita conoscenza della Cultura di appartenza.
Sempre sul tema del cereale maggiormente diffuso in Cina, il Riso Gong Style, portata in cui l’Oriente sembra voler giocare il suo assolo, raccontandosi attraverso la leggerezza di un riso venere saltato con XO, una salsa molto diffusa nella cucina cinese a base di soia fermentata e pesce disidratato, le cui note sapide vengono accompagnate da una spuma di taro e curcuma, patate croccanti e polvere di gamberi secchi.
Pressoché perfetto nella sua semplicità il Calamaro all’onda asiatica, secondo piatto ripreso dalla tradizione cinese; goloso e più strutturato con le sue delicate note agro-dolci il Black cod.
Spazio anche ai piaceri della carne, prendendo spunto dalla leggenda del Pollo del Mendicante e rivisitando l’omonima ricetta risalente alla dinastia Qing sino a dare forma alla Quaglia del Mendicante: una versione nobilitata del piatto leggendario in cui la quaglia viene lavorata con le 5 spezie cinesi e poi cotta su brace, per essere infine proposta con crema di castagne e miso rosso, ragù di funghi e sezei, cavolo cinese arrosto e fondo al pepe nero cinese.
L’elemento di gusto raffinato persiste sino al dessert dove è ovvio, l’Europa prende in mano le redini; da non perdere il Terra-misù, una leggerissima mousse di mascarpone, granita di caffè al ginseng e croccante di mandorle.
Piatti vari e dissimili tra loro, ma assolutamente coerenti nel percorso proposto alla carta o in tre menù degustazione e che meriterebbe di essere scoperto in accompagnamento al calice, su suggerimento del più che preparato Somellier Alessandro Feltrin, bravo nello scegliere tra le circa settecento etichette nazionali e non, della Cantina del ristorante.
La Sala, scenografica ed elegante in cui spiccano i raffinati toni neri punteggiati da dettagli in oro zecchino, è diretta dal maître Massimo Francescato, e rappresenta coerentemente tutto il progetto del Ristorante Gong in cui il gusto e le intenzioni di Giulia Liu emergono in maniera lapalissiana: lo stile moderno, ricercato e minimal si scorge in ogni angolo e particolare, ritrovandosi coerentemente nella mise-en-place e nella gradevole musica di sottofondo.
Dettagli che non fanno che completare un’esperienza unica e indimenticabile, in una dimessione in bilico tra Oriente e Occidente, passato e futuro e che chiariscono come un ristorante talmente votato all’innovazione possa trarre il suo nome da uno strumento risalente a oltre quattromila anni fa.
photo credits © Lucio Elio, ristorante Gong