Una volta chiacchierando, Gualtiero Marchesi mi disse: “La Grande Cucina Italiana, per essere tale, non può che ripartire dai grandi Alberghi”.
E’ con questo spirito che scelgo di recarmi verso una delle Terrazze più affascinanti e rinomate di Milano, città in cui alberghi di grande prestigio stanno dando convincente prova del fatto che proprio in questi luoghi si possano conoscere alcune delle cucine più interessanti e meritevoli di attenzione, nel panorama gourmet italiano.
La Terrazza Gallia che, collocata al settimo e ultimo piano dell’omonimo Hotel, si affaccia e domina la città da una posizione unica e invidiabile. Progetto nato grazie alla collaborazione con i Big Bros della ristorazione tristellata nostrana – i fratelli Cerea del celeberrimo Ristorante Da Vittorio che, grazie alla propria esperienza e con infinita lungimiranza, hanno voluto ai fuochi del ristorante altri due fratelli, i Lebano per la precisione, che dopo un breve iniziale periodo in affiancamento, hanno spiccato volo con un proprio stile e una inequivocabile personalità.
E che volo, aggiungerei! Non scherzano affatto Vincenzo e Antonio Lebano, fratelli campani”puro sangue” che, dopo aver mosso i primi passi nel proprio Territorio, scelgono di vivere le prime fasi del percorso professionale separatamente: Vincenzo – classe 1987 e maggiore dei due – si ferma nelle cucine stellate di Gennarino Esposito e prosegue la sua esperienza ai fuochi del San Pietro di Positano, dove approccia i segreti dell’alta cucina alberghiera in una delle strutture più affascinanti della Costiera Amalfitana. Antonio, di quattro anni più giovane, inizia il suo percorso a Villa Crespi, al fianco di Antonino Cannavacciuolo, di cui diviene in breve tempo pastry-Chef, per poi spostarsi verso un altro stellato – La Parolina di Viterbo. Maturi delle loro esperienze, i due fratelli si ricongiungono per circa quattro anni ad Alfedena, per poi migrare a Brusaporto, nelle cucine di Chicco e Bobo Cerea. Ed è qui che tutto ha inizio. Qui che i fratelli Lebano si conquistano giorno dopo giorno la fiducia dei Cerea che – al momento di scegliere a chi affidare il gioiello milanese in cui metteranno faccia, nome (e probabilmente non solo) – vogliono Vincenzo e Antonio.
Vincenzo e Antonio che, dopo una prima fase di assestamento, scelgono il Cuore, proponendo una visione di cucina non solo a loro congeniale, ma che li rappresenta in toto, e che – attraverso piatti e materie – racconta le proprie origini, il proprio percorso e l’attuale punto di arrivo.
Un punto di arrivo sempre aperto a sorprendersi e a stupirsi, vista la giovane età dei due Chef, e che innalza ai massimi livelli il Territorio italiano e i suoi prodotti, con una forte spinta verso il Mediterraneo e i sapori di casa.
Ed è soprattutto attraverso il proprio menù degustazione che i fratelli Lebano scelgono di raccontarsi con gusto ed emozione, chiamando in causa prodotti di altissimo livello, provenienti in buona parte da piccoli artigiani italiani, e lanciando così un bel messaggio alla frenesia della grande Metropoli, invitata ad assumere un atteggiamento più slow nei confronti della vita: stesso messaggio che ritroviamo nell’amuse-buche e negli antipasti che raccontano storie a volte simili, a volte no, e mettono in gioco equilibri atti a stupire il commensale e ad appagare la sua golosità, sia nel caso della Cupola di mozzarella di bufala, crema di pomodoro e briciole di pane, che nell’evoluzione con Gambero rosso di Mazara, estratto di pomodoro pinoli tostati e -spuma di Bufala DOP, nello specifico accompagnato da un Cocktail realizzato con Campari, succo d’arancia e pomodoro.
Approccio più curioso che in comune con la portata precedente ha unicamente l’origine della materia principale – ovvero il mare – lo Sgombro marinato all’aceto di Reims, con crema di pastinaca e il pesto di crescione, piatto in cui la parola chiave è “freschezza”, data dall’acidità del pesce, dalla nota vegetale e dal gioco di temperature.
Punta di diamante del percorso degustativo il primo piatto simbolo di quei due fratelli che – avendo ricevuto da tempo carta bianca per il proprio lavoro, propongono quello che lo stesso Vincenzo Lebano definisce come “il nostro quinto quarto” ovvero, un apparentemente semplice Spaghetto aglio, olio e peperoncino, impreziosito da corallo di gambero alla brace, elemento inserito nel piatto dopo numerose prove e sperimentazioni atte a trattare e trarre il meglio da un elemento “povero” comunemente scartato, di una materia oltremodo pregiata. Un esplosione di piacere, completata dal pane atturrato e dal carbone vegetale di limone, che racconta con orgoglio la tradizione partenopea e i profumi di sole e mare.
Prima di concludere il percorso salato, è un piacere staccare e rinfrescare il palato con il sorbetto al pompelmo rosa e vaniglia, in modo da affrontare a cuor (e non solo) leggero la seconda pietanza che nel menù degustazione pensato dai fratelli Lebano è un Branzino al vapore di tè Lapsang, presentato con lattuga in più consistenze e accompagnato dall’acida freschezza del gelato al limone.
Ogni portata è accompagnata da vini di assoluta eccellenza, scelti con meticolosa sapienza e conoscenza dalla brava sommelier Valentina Berzini che – a oggi – ha saputo raccogliere circa quattrocento etichette di pregio assoluto.
Le ricette, rigorosamente studiate e create in sinergia dai due fratelli, vedono però leggermente primeggiare Antonio nella realizzazione dei dessert, in cui la formazione made in Villa Crespi è evidente: lo racconta la golosità del mini-croissant con gelato alla vaniglia; lo conferma la bontà ai limiti dell’imbarazzo del Nostro (il loro) Tiramisù, scomposto in una spuma racchiusa all’interno di una sfera di zucchero soffiato, accompagnata da pan di spagna, cioccolato soffiato, crema al caffè e gelato al mascarpone; lo sigilla la petit-four.
Servizio senza sbavatura alcuna (che non a caso, lo ha visto premiato nella Giuda Gambero Rosso Milano 2017, come il Miglior Servizio di Sala in Albergo), gestito e coordinato con affabile professionalità da Stefano Carnelli che coccola una clientela composta per lo più da milanesi e che dialoga con rapidità ed efficienza con una cucina composta da una giovane brigata di tredici elementi motivati quotidianamente dalle parole e dall’entusiasmo degli Chef Vincenzo e Antonio Lebano.
La sala, luminosa e realizzata con materiali moderni, ospita quarantacinque coperti ed è aperta 364 gioni l’anno (ebbene sì, il 1° gennaio a pranzo, scelgono di riposarsi).
Un approccio giovane e manageriale quello dei Lebano & Co. che, attraverso un tocco altrettanto genuino, da forma con disinvolta convinzione a quanto il Maestro Marchesi auspicava per la grande Cucina. E da qui, è giusto ripartire.
photo credits © Matteo Barro; archivio