Vi sono alchimie strane, particolari, a tratti impensabili.
Alchimie tanto imprevedibili quanto però vincenti, come quella sperimentata tra una famiglia storica di ristoratori emiliani, impegnati con passione da circa cinquant’anni nella ristorazione, che un giorno incrocia nel proprio cammino uno chef di origini friulane ma dallo spiccato “accento catalano” che – conclusa e fatta sua l’esperienza estera che lo hanno visto in ristoranti pluri-blasonati come El Bulli , al fianco di Ferran Adrià, al Noma e al Mugaritz, solo per citarne alcuni – rischia una nuova via votata alla ristorazione gourmet, non solo vincendo la scommessa, ma divenendo uno dei casi più emblematici, particolari e unici del nostro Paese.
E’ infatti il 2011 quando la famiglia Poli sceglie di aprire a Parma Inkiostro, ristorante che in soli due anni si aggiudica la tanto ambita Stella Michelin, e che – nel 2015 – non ha paura a mettersi in gioco e “rischiare” un nuovo corso – chiamando a dirigere le proprie cucine Terry Giacomello, chef noto nell’ambiente per una creatività impavidamente estrema e per le scelte non sempre “agevoli”.
Uno chef di origini friulane (a cui di friulano è rimasto davvero poco) che, mossi i primi passi nel ristorante di famiglia inizia a sentire ben presto l’ambiente un po’ stretto, scegliendo l’Europa come nuova casa: prima Oltralpe, poi la Spagna, sino al nord Europa. Con quale obiettivo? Quello – testuali parole di Giacomello – di lavorare e imparare dai Maestri più “strani” al fine di distaccarsi quasi radicalmente dal concetto e dalla gabbia di una piatta e scontata normalità. Esperimento che sembra riuscire alla perfezione e che forma un passo per volta uno Chef unico che non tenta di replicare o scimmiottare tecniche o filosofie; no, ne plasma una propria, dallo stampo personalissimo e inimitabile, in cui perfezione e peculiarità non faticano a coesistere, anzi, danno forma a un concetto irripetibile in cui si abbracciano elementi apparentemente in antitesi come internazionalità e territorio, tecnica e creatività, gusto e raffinatezza. Oscillazioni che divertono e non annoiano anzi, in un susseguirsi di proposte perfettamente coerenti, presentano alternative emozionanti, virtuose e mai ripetitive.
Proposte che è consigliabile approcciare attraverso Vibrazioni, la degustazione di circa quindici portate e che si racconta innanzitutto attraverso gli assaggi delle Amuse-bouche che chiariscono sin da subito che tipo di piega potrà prendere la serata. Divertente e di carattere il benvenuto, con l’ostia di sfoglia di mandorla con fagioli rossi fermentati, la chips di zenzero con lardo e fondo di cottura, il sablè salato con mais affumicato e polvere di alghe e la foglia di alloro, gel al lime, zenzero e curry rosso. Morbida golosità per il panino al vapore con gelato al fois gras e gradevoli contrasti per la sfera di peperone, cips di ravanello, crumble di pomodoro e cipolla caramellata. Goderecci i cracker, serviti con un olio di grasso di prosciutto di Parma in provetta che ci anticipa a come il Territorio riesca elegantemente a partecipare nel piatto senza sgomitare.
L’esperienza che ne segue racconta di un gioco in cui tra forme e titoli svianti, si ingannano i sensi principali, contribuendo a un esperienza di puro e innocente stupore. E’ il caso di Medusa, piatto ormai iconico in cui lo chef Giacomello propone il midollo del tonno accompagnato un’acqua di pomodoro, curry rosso, alghe e spuma di astice.
Nulla di prevedibile e scontato anche per il Midollo che – differentemente dalle comuni versioni – prende forma da un midollo di prosciutto servito con un caviale di colatura di alici, uva e gelato all’uva: un piatto in cui non manca nulla e in cui ciascun ingrediente è trattato e dosato sapientemente, al fine di assicurare un perfetto equilibrio di sapori, capaci di coesistere armonicamente.
Elegante e raffinata la Vongola Centenaria, ovvero una vongola proveniente dalle norvegesi Isole Fær Øer, servita con aria di Shiso e polvere di limone nero iraniano, che vuole rappresentare un momento di leggerezza in un percorso destinato a divenire via via sempre più interessante.
Infatti, Illusione di Riso allo Zafferano ci riporta a dialogare con il piacere del gusto, presentando un piatto che intimidisce chiunque abbia un minimo di sensibilità e confidenza con l’approccio all’Alta Cucina: un finto riso, ricreato in minuscoli stampini con il brodo di zafferano gelificato e servito con la cremosità della crema di cavolfiore e la mineralità delle uova di Sperlano. Un piacevole ossimoro, in cui tecnica ed emozione vanno a comporre una coppia perfetta.
Perfetta come il Tagliolino Terry Giacomello, un finto tagliolino realizzato con bianco d’uovo e servito con il suo rosso, una crema di parmigiano e un caviale di tartufo nero. Piatto che, nella degustazione, rappresenta il picco di golosità e che impone il commensale a terminarne l’assaggio con l’obbligata scarpetta. Un piatto goloso, godereccio, al limite della lussuria, in cui non manca ancora una volta l’elemento ludico e l’immancabile contrasto della semplicità della materia, verso tecnica e straordinarietà della sua lavorazione.
E’ evidente che con i primi Giacomello ingrana la quarta, e lo dimostra con la Tagliatella Marina, un tagliolino (o un illusione di esso, per dirla con lo Chef friulano) realizzato senza uova né farina, ma con l’alga che – grazie a una particolare lavorazione – perde buona parte della sua sapidità, pur mantenendo la nota salmastra e che in abbinamento con crema di sedano rapa, aria di burro acido e carpaccio di Wagyū, presenta un orgia di piacere che invoglia sin dal principio a evocarne ancora a poi ancora…
Impennata di creatività e godimento con il Raviolo di tendine di vitello ripieno di morbida cipolla brasata e servito con fondo di arrosto e caviale di lumaca. Un piatto che scivolando piacevolmente in bocca e pur rievocando i sapori tradizionali del pranzo della domenica, presenta un concentrato di tecnica e inventiva che testimoniano come il talento di Giacomello vada ben oltre il semplice “molecolismo” e meriti un posto a sé stante nel panorama dell’alta Cucina italiana.
Piacere senza condizionamenti per il Foie Gras che Terry Giacomello sceglie di trattare con un filo di insolenza, prendendo a prestito una delle tecniche di cottura più “popolari” del nostro Stivale – la frittura (in questo caso in extravergine) – che ha l’effetto di creare un piacevole contrasto di morbido all’interno e croccante all’esterno, per una scaloppa che viene presentata con una nappatura alla soia, aria di latte e crema di polline, elementi che vanno a sostituire con successo, i classici accompagnamenti della tradizione francese.
Con i secondi, Terry Giacomello mostra come non esista alcuno snobismo a confrontarsi con pentole e padelle, nobilitando i sistemi di cottura più tradizionali e portando la sua mano inconfondibile in ogni tipo di idea o preparazione – dal vegano alla carne: nascono così Alga e Amaranto, servita con crema di carciofi e cassis, il Cetriolo di Mare, ovvero l’oloturia catalana – poco diffusa nel nostro Paese – che evidentemente Giacomello estrae dal bagaglio di esperienza iberica e che sceglie di accompagnare con uova di merluzzo, aceto di mango e polvere di olive nere. Infine l’Anatra, cotta nella maniera più tradizionale possibile – ovvero in padella e servita con il suo fondo, una chips di whisky e guanàbana. Un piatto certamente più maschile e testosteronico che chiude con la decisione di consistenze e morso un percorso vario e stimolante, caratterizzato dalla costante tecnica dello Chef e un’incessante coerenza che non disorienta il commensale, anzi, lo risucchia in una dimensione unica e riconoscibile in cui è impossibile non trovarsi a proprio agio, in ogni singolo passo del percorso.
Interessante anche la nota dolce che con Toast e Corteccia, gioca ancora una volta su suggestioni e fascino, e ci proietta in un viaggio che si racconta attraverso differenti influenze tra cui, le più evidenti, quelle nordiche.
Una cucina perfettamente coerente con un ambiente dall’eleganza moderna e raffinata che teme davvero pochi confronti e che dialoga in sinuosa armonia con la cucina dello Chef Terry Giacomello che, coordinando con grande maestria una brigata di appena cinque elementi, mostra una marcia in più nel proporre una degustazione articolata e in continua crescita, in tempi rapidi e rispettosi per l’ospite a tavola.
Una meta obbligata per i palati più raffinati e le menti più aperte, desiderose di conoscere uno Chef e uno stile unico, altrimenti introvabili nel nostro Paese.
Photo credits Lucio Elio, Lido Vannucchi, Gianluca Poli, Mangiare da Dio