Spogliatevi dagli inutili preconcetti, abbattete barriere ideologiche, e aprite la mente.
Bene, ora siete pronti a varcare le porte del Joia, ristorante di “Alta cucina naturale” di Milano.
Progetto nato coraggiosamente sotto il segno dell’etica e della cultura nel lontano 1989 a Milano – in un’epoca in cui attuali mode o filosofie non sembravano aver preso il sopravvento su idee coerenti e sulla consapevolezza dei singoli – il ristorante Joia ha mano a mano consolidato la sua innovativa filosofia di Alta Cucina green, tanto da essere ancora oggi il primo e unico ristorante vegetariano ad aver ottenuto (nel 1996) la Stella Michelin in Europa. Considerato tra le più importanti realtà nel mondo dell’Alta cucina “verde”, etica e sostenibile, di cui il suo Chef Pietro Leemann è indiscusso precursore, è anche vincitore del prestigioso riconoscimento di “Miglior ristorante vegano” all’ultima edizione dei Future Awards – We’re Smart ® World.
E se dici “Joia“, dici obbligatoriamente Pietro Leemann.
Classe ’61 e originario del Canton Ticino, Pietro Leemann percepisce a soli quindici anni il richiamo irrefrenabile della Cucina: un richiamo che lo guida attraverso i necessari apprendistati in Terra elvetica, per poi condurlo nell’inevitabile culla della Cucina Gourmet, la Francia. A metà degli anni ottanta ha il privilegio di entrare nelle Cucine del Maestro Gualtiero Marchesi ed è sempre nello stesso periodo che inizia quel processo di consapevolezza che, per dirla con Tiziano Terzani, lo condurrà a “vivere una vita in cui riconoscersi”: si converte definitivamente al vegetarianismo, viaggia ed entra in contatto con nuove culture e filosofie orientali – in special modo quella cinese, giapponese e indiana. E se la seconda metà degli anni ottanta rappresenta la fase della rinascita del nuovo Leemann, è a cavallo di quel decennio e quello successivo che sembrano essere maturi i tempi per dare forma e sostanza al suo progetto.
Un progetto dedicato non solo ai vegetariani, ma a chiunque desideri avvicinarsi a una cucina di pensiero che fa bene, tocca l’anima e la mente, e che appaga il gusto. O più semplicemente, per chiunque desideri mangiare bene. Molto bene.
“Lascia che il cibo sia la tua medicina”
(Ippocrate)
Non ci si lasci dunque ingannare dall’aspetto più salutistico e vicino alla terra del Ristorante Joia: qui i piatti sono veramente buoni al limite del goloso e possono essere degustati nella classica proposta alla carta – qui più che mai legata alla disponibilità della Terra e della stagione – che in una delle tre formule a degustazione dai 90 (5 proposte) ai 130 euro (11 corse).
Degustazioni che vengono in ogni caso anticipate da un benvenuto che definisce immediatamente la natura (mai termine fu più appropriato) e la freschezza del progetto: l’Orto Sinergico, la versione evoluta del pinzimonio, con le verdure provenienti dalla Cascina Caremma presentata in un tripudio di colori e abbinato in maniera del tutto casuale a cinque contrasti differenti. Indimenticabile l’Alberello di Carota, dove una maionese di mandorla, zenzero, zucchine e limone viene ricoperto da un terriccio di semi ed erbe essiccate che abbraccia una carota riprodotta con una fogliolina di menta. Farete scarpetta con il pane ovviamente home-made e realizzato con grani naturali e lievito madre.
Un progetto coerente in cui ogni elemento e ciascuna materia viene prima realizzata all’interno delle cucine del Joia, come nel caso degli antipasti, per cui vale la pena soffermarsi anche sull’aspetto più godurioso e lanciare un messaggio a tutti quelli che – nella cucina vegana – vedono tristi zucchine bollite o elementi slegati tra loro e incapaci di dialogare. Non rinunciate a Una porta per il paradiso, un uovo “apparente” (poiché attentamente ricreato nelle sue fattezze) servito con un delicato gazpacho di mais e anacardi, carciofi e fave, semi di zucca e girasole tostati al fuoco di legno di faggio e che ci mostra come l’elemento floreale torni spesso nella cucina di Leemann, non tanto come decoro, quanto piuttosto come principio di forza ed energia vibrante.
Delicato Wild, un’insalata di erbe selvatiche raccolte personalmente dallo Chef con fiori di Giumaglio, pesto di avocado, asparagi banchi (di Federica Baj – lo Chef ci tiene più volte a sottolineare l’importanza di questa collaborazione), un guazzetto di asparagi verdi e acetosella, e spuma soffice di aglio orsino. Più goloso Porto del Sole, una tatin di cipollotto preparata al momento, servita con quark di erba cipollina e una salsa balsamica alle fragole.
Una cucina riflessiva e meditata che evita accuratamente alimenti che possano compromettere l’evoluzione spirituale dell’uomo (non a caso, cipolla e aglio non appaiono mai in alcuna ricetta). Interessanti i primi con picchi più o meno elevati a seconda della proposta: buono Verso quell’orizzonte, piatto dal titolo evocativo che racconta il progetto e il cammino dello chef Leemann che con un Gazpacho di piselli servito tiepido, martignon di verdure e carciofi allo zenzero e una cialda croccante di quinoa e wakame, propone la sua idea di zuppa contemporanea. Si alza l’asticella con La rosa che non colsi, un cous-cous “come a Marakesh” (ma che in realtà viene prodotto proprio al Joia!) servito con un velo di peperoni, dashi all’Umeboshi, e completato da un sorbetto non dolce alle noci e fieno greco.
Il nirvana finalmente giunge con due dei primi piatti che si giocano il posto di “reginetta del ballo”. Apoteosi di gusto e piacere per Preseveranza, dei ravioli colorati realizzati senza l’impiego di uova e che propongono due differenti farce: i primi di pummarola napoletana; i secondi con aglio orsino. Entrambi “annegati” in un’emulsione di pecorino sardo, con taccole e macchie di vino rosso. Effetto “Wow” per uno degli elementi preferiti da Pietro Leemann poiché capace di collegare e mettere in connessione tutto il mondo: il riso. Per questo sceglie di intitolare il piatto L’ombelico del mondo, che per l’occasione si presenta come un risotto con asparagi ed erbe, crema di carote, zafferano e arancia, salsa al pepe di Sarawak e burro veg profumato al limone che, intenzionalmente, viene servito a parte lasciando “diritto di mantecatura ” al cliente che, facendosi guidare unicamente dalla propria golosità, può abbandonarsi a gesti fanciulleschi giocando tra vortici e contrasti. Il riso scelto per l’occasione è una Zizzania Marina del Canada proposta sia nella classica manteca tura a risotto, che fritta e croccante, a chiusura del piatto.
Filosofia a parte, resta dunque il “gusto” il protagonista principale dell’intera degustazione che prosegue senza intoppi con i secondi piatti che continuano a mantenere alta l’attenzione: golosa Relazione Privilegiata, una finta pizza di crescenza nel cui nome ci rammenta come il Joia viva di relazioni – soprattutto con i fornitori – tra cui quella con Federica Baj (agricoltrice di asparagi del varesotto) rappresenta un esempio tangibile: troviamo dunque sulla crema di formaggio morbido proprio i suoi asparagi, cotti al barbecue che duettano con spinaci e si completano con olive taggiasche e pomodori confit. Ludico e stimolante Anima Mundi, tortino di patate e lenticchie rosse con una millefoglie di verdure, cialda di sesamo e caprino di mandorle, il tutto su due salse – l’una di fragole, l’altra di nocciole. Meno interessante dal punto di vista del gusto, quanto piuttosto per quello delle consistenze – avendo lo Chef Leemann trascorso diversi anni della sua vita in Giappone, dove il tema è sentito e affrontato con grande serietà – Una casa in Oriente, ovvero una crema di gomatofu (realizzato dunque con il sesamo), taccole e verdure fermentate primaverili.
Cibo, salute, benessere, equilibrio si ritrovano anche nella parentesi dolce dove, soprattutto nell’iconico Pomo d’Oro è evidente l’attenzione maniacale affinché la trasformazione della natura avvenga nella maniera più naturale possibile, per preservarne essenza e freschezza.
> Scopri la ricetta del Pomo d’Oro del ristorante Joia
Freschezza che è evidente in Macondo, un pavé crudista di cioccolato con terrina al mirtillo, mousse al caffé, salse di mango biologico di Sicilia e more di gelso, spuma soffice di armelline e gelato di fragola allo zenzero.
Piatti che fanno bene al corpo e all’anima, mettendo di buonumore e invitando innanzitutto al sorriso. E mostrando una nuova visione della cucina vegetariana a cui solo Pietro Leemann è riuscito a dare forma, creando un caso unico in Europa. Un caso che meriterebbe di essere vissuto almeno una volta nella vita per comprendere quanto naturale sia un momento di pura… Joia.