Lo chiamano Miglio D’Oro.
Lo chiamano Miglio D’Oro per la luce e i colori solari dei suoi limoneti, quelli che a partire dal sedicesimo secolo attorniano di profumi e colori le splendide ville settecentesche che da Torre del Greco si rincorrono, raggiungendo Portici, in un susseguirsi di meraviglie architettoniche, vanto e meraviglia tutta partenopea.
Ed è proprio lungo il Miglio D’Oro che è possibile trovare il Josè Restaurant Villa Guerra, ristorante in cui lo Chef stellato Domenico Iavarone in collaborazione con la famiglia Confuorto, ha scelto di innescare la sua nuova avventura, dando forma a un’esperienza fondata sugli stessi ideali e la medesima filosofia che – in brevissimo tempo – gli fecero conquistare la Stella Michelin, quando era alla guida del Maxi di Vico Equense.
Una sfida non indifferente quella di Iavarone, che non tradisce le proprie idee e sceglie audacemente la strada del fine-dining in una cittadina ancora “vergine” per questa tipologia di cucina. E lo fa, coadiuvato da una brigata fidata e collaudata di sette elementi che, guarda caso, sceglie di seguire lo Chef, proprio dalle cucine del Maxi, in quelle – vale la pena sottolinearlo – mastodontiche del Josè Restaurant che si arricchiscono di fascino, nello scoprire che sorgono da quelle che un tempo furono le stalle della Villa vesuviana stessa.
Classe ’82 e partenopeo purosangue, Domenico Iavarone vanta una formazione a fianco di fuoriclasse come Oliver Glowig e Gennaro Esposito, con i quali condivide da sempre i concetti di Territorio e stagionalità, proponendo una cucina innegabilmente Mediterranea, che trova la sua massima espressione nel rispetto di materie prime di massima eccellenza, riproposte in piatti di apparente semplicità e dall’approccio schietto e sincero.
Una sfida che parte dunque con basi più che solide e una cucina perfettamente collaudata e che trova la perfetta quadratura del cerchio in una location mozzafiato, in cui l’eleganza non sconfina mai in eccessi e in cui ogni dettaglio è studiato, contestualizzato con rigore e gusto maniacale.
Posizionato alle pendici del Vesuvio, il Josè Restaurant concretizza le idee e le scelte dello Chef Iavarone che, grazie a un terreno di circa due ettari e a un orto di proprietà, può dare forma a una cucina etica che riesca ad auto-sostenersi almeno in parte, nel corso delle stagionalità. Ragione per cui la carte del Josè Restaurant varia con ricorrenza mensile, sfruttando così al meglio i frutti della propria terra.
I piatti non tradiscono in alcun modo lo Iavarone-style, dando priorità e risalto alla cultura e al Territorio campano, ai classici abbinamenti di pesce e frutta, ma anche alle carni, che ovviamente Domenico Iavarone ottiene di massima qualità, grazie ai legami privilegiati con la propria famiglia (di macellai).
Il menù, in continua evoluzione, offre – oltre alla classica proposta alla carta o a due tipologie di degustazione – un vero e proprio menù dedicato ai vegetariani e un altro pensato per i bambini.
La carta dei vini – selezionati con attenzione dal Sommelier Daniele Barbato – propone una carta snella, coerente e rinnovabile con la stagionalità della cucina. Vini in buona parte campani con un occhio di riguardo alle piccole cantine, ai biologici e ai biodinamici.
I lievitati, ovviamente realizzati in casa, vengono inizialmente accompagnati da lattica – una crema di latte vaccino vacche rosse – e da un extravergine delle vicine Puglie che, in accompagnamento alle Amuse-bouche tengono a ricordarci quale importanza avrà l’aspetto mediterraneo per tutto il nostro percorso.
Gli antipasti lasciano immediatamente presagire che il pasto sarà all’insegna dell’elemento “gola”, aprendo le danze con un Gambero ripieno al fior di latte, servito con biscotto al pepe e limone, un piatto perfetto sia per equilibri che consistenze, come il successivo Tonno, ricotta e ciliegie che – giocando con frutta e acidità ci conferma che Iavarone c’è e c’è al 100%!
Il servizio in sala – diretto egregiamente dal Maître Enrico Moschella – si destreggia con abilità tra circa quaranta coperti e si avvale della collaborazione di uno staff fresco ed entusiasta tra cui, non passa inosservato, la spontanea professionalità del giovane Lucio Nigro.
I primi garantiscono la continuità di quell’aspetto goloso che tanto fa amare la cucina di Domenico Iavarone: sia per il Risotto limone, scampi e liquirizia; sia nella Nostra (la loro) Puttanesca, che lo Chef campano reinterpreta rievocando gli insegnamenti di Gennarino Esposito, accompagnando a un perfetto gazpacho di pomodoro freddo, le linguine, gli scungilli (lumachine di mare), polvere di olive nere e cappero disidratato.
Approccio di totale goduria per la Triglia, patate fritte, aria al pepe e maionese allo zafferano, un secondo che – per qualche minuto – ci lascia interagire con il vero piacere ricordandoci, quanto sia appagante peccare.
I dolci, coerenti con il Territorio, chiudono con leggerezza un pasto che trova completezza assoluta con il carrello dei liquori.
Uno Iavarone maturo a cui non manca la voglia di osare e mostrare il meglio di sé. Uno Iavarone coraggioso e ponto a confermare ciò che già sapevamo di lui. Uno Iavarone sfavillante e pronto a far brillare ancora una volta… il mitico Miglio D’Oro.
Reportage photo credits © Lucio Elio