Dimenticate gli arredi caratterizzati da lanterne rosse, fronzoli dorati e gattini con zampine meccaniche, posti sul bancone d’ingresso.
Dimenticate menù anni ottanta dall’involucro unto, in cui le pietanze vengono indicate con un numero corrispettivo e spesso un immagine sbiadita.
Dimenticate la formula All You Can Eat, o Take-away in cui la quantità privilegia ad armi impari sulla qualità.
E soprattutto, dimenticate l’involtino primavera, il riso alla cantonese, il pollo alle mandorle, le nuvole di Drago e la boccetta di soia industriale sul tavolo.
Dimenticateli, e recatevi al Kanton Restaurant di Capriate San Gervasio, comune a metà strada tra le città di Bergamo e Milano che – senza mezzi termini – può essere tranquillamente menzionato tra i migliori ristoranti cinesi d’Italia.
Un ristorante in cui ad accoglierti sono le atmosfere pulite ed eleganti di un luogo in cui il design e la sobrietà sembrano porgere una richiesta: “mettete da parte i preconcetti e i cliché, e venite a conoscere la vera Cina, quella che lo Chef Weikun Zhu, riscopre attraverso giochi e sperimentazioni che trovano vita ed essenza nella vera tradizione cinese, quella che – aihmé – in un Paese che non è il tuo, spesso ti viene proposta in formule ingannevoli e fuorvianti (e dovremmo saperlo bene, noi italiani all’estero, che tra Linguine Alfredo e pizze con l’ananas, ci portiamo da anni dietro un carico che non ci appartiene!).
Quindi, vale la pena fare un passo indietro, resettare le nostre (erronee) conoscenze e andare alla scoperta di una cultura a noi ancora ignota, che trae i suoi spunti dalle millenarie Otto Grandi Cucine Cinesi che, attraverso l’utilizzo di tecniche di cottura avanguardiste – come il sous vide e l’azoto – e un approccio di forte sperimentazione, lo Chef propone in una sua personalissima versione.
Personalissima versione e visione, che portano lo Chef Zhu, alla presentazione di ogni singolo piatto, a definirlo “particolare”.
Particolare, come la fresca e delicata Insalata di mazzancolla, mango aceto di riso fermentato e pane cotto al vapore, antipasto che lascia presagire senza dubbio alcuno la strada che lo Chef intende perseguire, così come per la Medusa, ovviamente servita cruda, dopo un processo di dissalamento che avviene in acqua distillata, al fine di eliminarne eccessi e impurità e servirla con funghi Enoki marinati in olio di sesamo e arachidi, e un guazzetto di soia, zenzero e cipollotto.
Dal freddo al cado con il Nido di patate, uovo di quaglia cotto al vapore e crema di curry e latte di cocco, antipasto che proseguendo le danze con fare elegante, porta all’imperdibile Sacca di erba cipollina Jiutsai in doppia cottura che, dopo essere stati farciti con uovo e carne di maiale, subiscono una prima cottura al vapore e una seconda su griglia.
Ancora Antipasti, che stuzzicano e invitano alla conoscenza sempre più approfondita di quella cucina che mai ti saresti aspettato e che ora è lì, a parlarti di tradizioni e cultura che meritano assaggi infiniti: è il caso della Foglia di Park Choi con nuvola di pane cinese e uovo affumicato, una reinterpretazione di un tipico street-food cinese che tradizionalmente veniva accompagnato da una bevanda di tè verde e che in Weikun Zhu rievoca ricordi proustiani capaci di dare forma a un piatto che ha come tema principale uova e tè verde. O la Polpetta in crosta di patate e funghi e pollo, un esplosione di piacevole croccantezza che lascia spazio alla dolce gradevolezza della marmellata di mele e limone.
Dagli Antipasti ai primi, in cui – soprattutto nelle paste ripiene – Zhu si dimostra un fuoriclasse: ne sono l’esempio i Dischi di gambero fioriti, ravioli realizzati con farina di amido di riso, la cui leggerezza lascia un ruolo da protagonista alla consistenza del gambero e ai sentori dell’acqua di zenzero e cipollotto. O gli indimenticabili Wanton del Kanton, un piatto che consente di esplorare un’esperienza differente soprattutto al morso, oscillando tra il morbido, il “dente” e una viscosità che rievoca la consistenza di una medusa a cui – non a caso – omaggia la forma. Il ripieno di baby shrimp, spinacio e zenzero essiccato completano il piacere assoluto di puro godimento.
Standing Ovation assoluta per Gli straccetti di soia aromatizzati e calamari, una pasta realizzata con patata americana e in cui coesistono con equilibrio e disinvoltura bosco e mare.
“Particolari”, per dirla alla Weikun Zhu, anche i secondi che – tra carne e pesce – non rendono semplice la scelta al commensale, costretto a destreggiarsi tra piatti dalla perfetta realizzazione: è il caso del Branzino al vapore con la sua pelle croccante, germogli d’aglio nero e crema di soia fermentata e zenzero e cuore di Park Choi o del golosissimo Granchio a guscio morbido con vellutata di zucca e arancio.
Così come per le carni che, inneggiando al piacere assoluto, propongono pietanze come le Puntine di maiale alle tre spezie, tenere costolette disossate e marinate nella cannella, alloro e chiodi di garofano e presentate all’assaggio con cubetti di Toro (la patata cinese) e salsa al frutto della passione. Un piatto che solo concettualmente rievoca il classico Maiale in agrodolce a cui siamo stati tristemente abituati noi europei e che, con la cucina e la mano sapiente dello Chef Zhu, ci permettono di riscoprire i gradevoli “piaceri della carne” e comprendere i picchi della cucina cinese. Scioccante nella sua piacevole piccantezza, il Filetto di bovino con curry rosso, bulbo di giglio – che per consistenza e gusto, rievoca la nostra castagna – e pane al vapore.
Ortaggi e frutta, sono quelli tipici del territorio cinese, mentre per i dessert – ovviamente realizzati in casa – si parte dalla materia prima del Sol Levante, adeguandola e valorizzandola al massimo con le tecniche di pasticceria italiana.
Piatti da accompagnare con una tra le cento etichette proposte dalla cantina, o da una delle varietà di tè presentati dall’apposita carta (circa una quarantina) che consentono al commensale di vivere il celeberrimo rito di questa bevanda, tipica della tradizione cinese.
La sala è gestita con professionalità da Meling Ren, moglie di Weikun con cui, da circa tre anni ha dato forma a questo nuovo progetto che – pur nascendo da una tradizione di ristorazione familiare partita alla fine degli anni novanta – trova nel Kanton la propria idea di cucina e di proposta, che possiamo tranquillamente inquadrare come gourmet (con possibilità di assaporare la meravigliosa anatra laccata di storica fama, ma solo su prenotazione).
Perché, per avvicinarsi alla Cina “che non ti aspetti”, in fin dei conti è sufficiente aprire la mente e recarsi al Kanton Restaurant.