La prima volta che incontrai Giuseppe Iannotti, mi disse: “Come faccio a spiegarti del Kresios, se non ci sei mai stata?! Tu il Kresios devi viverlo!” .
Impiegai pochi secondi per piegarmi a quel suo invito, mossa dalla curiosità di conoscere una volta per tutte quello che – in maniera inequivocabile – è considerato tra i giovani Chef più innovativi e spregiudicati che la cucina italiana contemporanea sembra aver forgiato.
Innovativo e spregiudicato.
Eccentrico e imprevedibile, aggiungerei.
E pazzo, ovviamente nell’accezione più positiva che il termine possa contemplare.
Pazzo, ma mai illogico e pur sempre pragmaticamente razionale, proprio come conviene a una mente matematica e sistematica come quella di Giuseppe Iannotti, autodidatta che – dopo un percorso impeccabile partito dal liceo scientifico e culminato alla facoltà di ingegneria informatica, sceglie il cuore e – cocciutamente – decide di rimettere in piedi un vecchio casolare in pietra, dandogli forma e sostanza secondo la propria particolarissima visione: da buon ingegnere, partecipa attivamente alla realizzazione del progetto, sino a disegnare egli stesso la cucina – che delinea in funzione della sua altezza e delle sue necessità.
Nel 2011 crea i locali, che inneggiano prepotentemente al concetto di pulizia ed essenza: elimina le tovaglie e ogni inutile fronzolo, concedendo più spazio a una tangibile emozione.
Manca qualcosa? Sì, manca un nome! E Iannotti qui rivela il suo desiderio di realizzare un locale unico ed emblematico, che racconti del suo essere speciale e rievochi un non so ché di mitologico e leggendario, scomodando la figura di Dioniso, divinità tra le più affascinanti e contraddittorie della mitologia greca che – oltre a celebrare l’immagine della rinascita e della vitalità – rappresenta il simbolo della diversità e della follia.
Diversità e follia. Ecco Kresios. Ecco un locale coraggioso che rompe con le convenzioni. Una cattedrale nel deserto beneventano che si discosta e non ha paura di sottrarsi a cliché e convenzioni gastronomiche tipiche della sua regione. Un territorio che non rifiuta in alcun modo – sia chiaro – ma che interpreta in maniera del tutto personale e fortemente inaspettata, attraverso sistemi di cottura innovativi e ricercati, e ricette che non temono un’assidua sperimentazione e incessanti messe a punto. Ricerca che persegue pazientemente con i suoi ragazzi, ma anche nel suo LAB, un “asilo gastronomico”, in cui i colleghi sono invitati e coinvolti in momenti di conoscenza e condivisione.
Un Luogo in cui ad accoglierti sono i contrasti rappresentati da un locale che lo stesso Iannotti definisce “Casa” – costituito dal ristorante stellato, oltre a un bar/bistrot, la Cantina, un food store, due stanze e due suite (che lo Chef riserva rigorosamente a chi sceglie di spingersi sino a Telese Terme a conoscere la propria realtà) – e i cinque ettari di terreno che circondano il Kresios, occupati dall’Azienda Agricola di famiglia in cui si susseguono i filari di uve falanghina e barbera del Sannio, si coltivano le più svariate tipologie di ortaggi, alberi da frutta e oltre cento erbe aromatiche, e si allevano piccoli animali di fattoria compresi – udite udite! – i piccioni!
Giuseppe Iannotti, classe ’82, sin da piccolo comprende la passione che lo lega ai fuochi di casa, e a seguito di numerosi sacrifici, ottiene la Stella Michelin nel 2013. Un riconoscimento che a Iannotti dà tutto, tranne la sensazione di essere arrivato, lasciandogli addosso quella smania incessante volta a dare sempre di più e prefiggersi continui nuovi obiettivi.
Obiettivi facilitati da una brigata giovane e motivata che – per rimarcare il concetto di Casa, Iannotti definisce come la sua Famiglia. O meglio ancora, il suo “Formichiere” dato che – tiene a puntualizzarlo – nessuno al Kresios deve temere di sporcarsi le mani… a partire da egli stesso.
Una brigata capace di dare sostanza a idee che prendono spunto dal Territorio in cui lo Chef affonda le sue radici famigliari, ma anche dai continui viaggi (soprattutto in Giappone) a cui Iannotti è incapace di sottrarsi più volte nel corso dell’anno.
Idee che non richiedono un menù per stare in piedi, anzi, che si sottraggono volentieri a impostazioni più borghesi gettando al vento elenchi scontati e successioni standardizzate delle portate.
E’ così che Mr. White e Mr. Pink – con evidente riferimento alla filmografia di Tarantino – ti anticipano unicamente quanto spenderai e con quale numero di portate ti rapporterai: 9 nel primo caso; 12 nel secondo. Senza però rivelarti che quei numeri non sono che un dettaglio a cui aggiungere molteplici piccole esperienze da vivere tra mani e papille.
E poi via, in un susseguirsi perfettamente ritmato di un percorso caratterizzato in primo luogo dalle contaminazioni e dal coraggio di osare accostamenti mai banali.
Si comincia con una sequenza di Amuse Bouche, obbligatoriamente da mangiare con le mani in un rito quasi atavico: sia il caso di Caviale e Champagne – in cui è prioritaria la ludica consistenza gelatinosa e la nota amara del boccone – sia per le Fermentazioni – un bouquet di acidità di verdure fermentate per il cui assaggio è sufficiente saper giocare con la propria bocca.
Si prosegue con bocconi affini a una visione etica in cui la Pelle di Baccalà essiccata e resa croccante risveglia il morso.
Mentre il Tagliolino di Zucchine, perlage di tartufo nero e menta viene servito in atmosfere che rievocano quelle di ristoranti come l’Alinea di Chicago in cui, guarda caso, Iannotti ha fatto un breve stage.
Assaggi accompagnati senza timore da una delle settanta selezioni di Tè (in questo caso, aromatizzato all’ananas) o da una tra le 1700 etichette della cantina, scelte con cura e professionalità dal giovane Maître e sommelier Alfredo Buonanno che – con i suoi ventidue anni – non fa rimpiangere i colleghi più agées e ricorda quanto un approccio professionale ma informale, renda l’esperienza da ottima a perfetta.
Approccio giovane dunque al Kresios, in cui sala e cucina non faticano a innescare un dialogo perfetto e in cui la parola d’ordine sembra essere “Divertimento”!
La tradizione in qualche modo arriva, ma lo fa ovviamente seguendo le regole di Giuseppe Iannotti che reinventa la Pizza Napoletana in un panino cotto al vapore, con concentrato di pomodoro, acciuga e origano (ovviamente dell’orto).
O in un Pollo Arrosto che – del piatto e dei sapori d’infanzia – conserva solo i profumi e si presenta attraverso la fragranza di una cialda di riso e un mix di aromi speciali.
Siamo ancora ai cosiddetti assaggini che anticipano in maniera inequivocabile la varietà della cucina di Iannotti, vincente soprattutto per non riproporre mai un ingrediente tra un piatto e l’altro.
Così, si cambia completamente linguaggio e lo Chef cala uno dei tanti assi con il Tramezzino di rane e successivamente con la golosità assoluta del Pop-corn di animella.
Torna il Territorio, con il trancio di Caciocavallo e marmellata di Mela Annurca (ovviamente del proprio frutteto).
Conclude questa fase introduttiva con l’illusione di un Raffaello, per l’occasione, ripieno di fois-gras, porto e nocciola.
Finalmente Mr. White fa il suo ingresso e lo fa ingranando sin da subito la quinta, con un Cocktail di Ostrica, che Alfredo Bonanno – shakerando energicamente la vodka e versandola sull’ostrica irlandese, caviale Beluga e uova di pesce volante – ti invita a gustare in un unico boccone in una conclusiva esperienza che oscilla tra salinità e note amare.
Gli effluvi alcolici del vino lasciano il passo ad abbinamenti più azzardati, come un succo di rabarbaro che in maniera del tutto innovativa non teme di affiancare una degustazione gourmet che – anche per questi piccoli dettagli – merita di essere annoverata tra le più sorprendenti degli ultimi tempi.
Degustazione in cui, ovviamente, non possono mancare lieviti e carboidrati che proseguono e rinnovano il piacere di usare le mani in gesti solenni: largo dunque alla fragranza del pane realizzato con lievito madre, della carta da musica con sale in fiocchi o del tarallo realizzato in doppia cottura (bollito e poi infornato).
Il tutto accompagnato da una quenelle di burro di Normandia con spezie e paprika e olio sferificato (sì, avete capito bene!)
Non ci si ferma, e si prosegue in una sequenza ritmica in cui ora a ingolosire è uno Spiedino di Maiale, polvere di rose e senape che conferma quanto l’abbinamento al succo di rabarbaro fosse meticolosamente studiato per blandirne la grassezza.
E poi lui, il Tonnato Sbagliato che – dimenticato il vitello – si racconta attraverso un gioco di Texture differenti in cui il tuorlo d’uovo marinato, il cappero liofilizzato e la maionese di tonno giocano e divertono il palato.
> Scopri la ricetta del Tonnato Sbagliato del ristorante Kresios
La mise-en-place è sempre perfetta e veri e propri oggetti d’arte si sostituiscono a stoviglie e posate, mutando di portata in portata. Il pesce stupisce per sapori e cromia in un esercizio di Camouflage, palesandosi in un Baccalà e puntarelle, dove l’ortaggio viene servito in crema e accompagnato da una salsa di aglio nero, capperi e acciughe.
Perfetto, ma probabilmente meno emozionante la Ricciola nell’orto, presentata con spuma di patate e zafferano e – ovviamente – con ortaggi e erbe del proprio orto.
Nel frattempo, si passa al rosso, e una Barbera ‘Asti, allieta i calici e prelude ciò che ne seguirà.
Indimenticabili le carni, che scavano nei piaceri più sensuali del palato: sia per il la Pancetta di maiale bollito, porro e zenzero (piatto che nasce come cena del personale e che oggi Iannotti sceglie di servire di tanto in tanto nei suoi blind-menù).
Sia ancor più per l’Agnello con verdure bruciate – asparagi e ravanelli per la precisione – che, grazie alla consistenza perfetta e a una cottura magistrale, raggiunge livelli di piacere al limite dell’erotico.
E poiché si può associare tutto a Iannotti, tranne la prevedibilità, i carboidrati vengono serviti a fine pasto, un po’ come si fa con i bambini, per non consumare l’approccio goloso che è solito pervaderci a inizio pasto: si chiude dunque con due golosità che premiano la componente geniale da un lato – con lo Spaghetto allo Scoglio che, nella versione dello Chef Telesino, viene cotto in infusione di una bisque realizzata con 40 pesci.
E quella etica dall’altro, con il Fagottino di Faraona, piatto a kilometro-men-che-Zero, realizzato con animali, uova e profumi dell’Azienda Agricola di famiglia.
Prima di approcciarsi ai dolci, vi si domanda di affidarsi alla Sala che, nello specifico, avvicina il cliente in un gesto di massima confidenza, imboccandolo con i sapori che a Giuseppe Iannotti suscitano ricordi di proustiana memoria: il cioccolato frizzante che abbinato a Tapioca e frutto della passione, ha la proprietà di pulire completamente la bocca.
Una bocca ormai pronta a chiudere l’esperienza come si conviene – con le coccole – che al Kresios predono forma in un Mojito visionario, o nella femminilità di un Litchi e Violetta, un dessert sorprendente che gioca tra i contrasti di una ganache al cioccolato bianco e violetta, e il litchi – che si presenta nella duplice forma di grattachecca e spuma.
E infine le Petit Fours, che vale la pena annoverare per varietà e creatività: oliva al cioccolato; gelato di liquirizia, aceto e rose; gelée di amarena; mochi con mandorla e menta; biscotto cioccolato e sale; cannelè alla Melannurca; maccaron al tè nero affumicato; marshmallow effervescente.
Un’esperienza oltre la cena e il semplice atto nutritivo. “Un’altalena di emozioni”, come la definisce lo stesso Giuseppe Iannotti, determinato ad accompagnare il commensale in un continuo saliscendi che – vi è da crederci – potrà toccare picchi altissimi, ma mai farlo cadere.
Un’esperienza divertente, unica e raccomandata senza esitazioni. Perché sì, Iannotti ha ragione: “il Kresios devi viverlo!” .
Reportage photo credits © Lucio Elio