Comformismo, questo sconosciuto!
E’ questo il mantra che si è portati a recitare una volta varcata la soglia del Magorabin di Torino, ristorante sorto poco meno di un ventennio addietro e che, da allora, ha saputo irrompere con tenace personalità anarchica tra le tavole talvolta austere di quella che un tempo fu la Capitale del Regno d’Italia.
Una personalità eclettica e anticonformista come quella del suo chef e patron, Marcello Trentini che un passo per volta, ha saputo costruire una realtà iconica nel panorama della ristorazione stellata, mostrando come i concetti di eleganza e solennità non siano forzatamente sinonimi l’uno dell’altro, e di quanto il coraggio di distinguersi e di “contestare nel contesto” rappresenti spesso la scelta vincente.
Correva l’anno 2003 quando Macello Trentini e Simona Beltrami (da sempre Restaurant Manager e sommelier del Magorabin) sceglievano la strada del coraggio, impegnandosi a firmare cambiali apparentemente infinite, e a costruire un luogo in cui dare sfogo alle proprie idee di alta cucina, esprimendo un modello di accoglienza ospitale e rassicurante, in grado di evolversi gradualmente.
Un’evoluzione intelligente capace di plasmare un ristorante identitario, premiato dopo un decennio con la meritata Stella Michelin e lanciato verso continui nuovi orizzonti, tra cui il recente trasloco e ampiamento nei locali adiacenti a quelli originali. Locali ove oggi sorge il “nuovo” Magorabin, ristorante di forte identità, dallo stile curato e dalle atmosfere internazionali, in cui la raffinatezza dei toni scuri e l’eleganza delle linee essenziali, mette in rilievo il buon gusto nella scelta degli elementi materici – dalle pareti in vinile allo splendido Social Table in rovere posizionato al fianco della cucina in cui lo chef plasma, inventa, innova e ricerca.
Un buon gusto in grado di contaminare qualsiasi elemento presente, accompagnando attraverso ciascun organo sensoriale in un’esperienza stupefacente e mai banale.
La profonda cultura e la passione per i viaggi dello chef si concretizzano in ogni portata, a partire dagli amuse-bouche, attraverso i quali si è proiettati in un vero e proprio giro del mondo, grazie a picchi di gusto e piacevoli note speziate. A riportarci a Torino, ci pensa la sommelier Simona Beltrami, affiancando agli antipasti il principe dei liquori sabaudi – il Vermuth – declinato in piacevoli cocktail e miscelati ideali per il rito dell’aperitivo. Tra gli stuzzichini, distinguo doveroso per i tacos di pelle di pollo, interpretazione della memoria più golosa dello Chef Trentini che in un assaggio ludico accompagnato da bietoline, maionese all’arancia e consommé di pollo aromatizzato all’olio di nocciole, rievoca in ciascuno di noi il piacere del gusto e un romantico ricordo proustiano.
Il viaggio si propone in ogni piatto, anche quando resta confinato all’interno del Bel Paese, come nel caso dello Sgombro indeciso tra il saor e la scapece, un omaggio a due delle principali tecniche di conservazione della tradizione italiana che – accompagnando un delicatissimo filetto di pesce azzurro cotto a bassa temperatura – ripropone i sapori tipici della gastronomia veneta e campana attraverso un mosaico di gel e cremosità in cui spiccano i sentori di uvetta, scalogno, aceto, pinoli e alloro, a perfetto contrasto con la tipica ferrosa mineralità dello sgombro.
L’esperienza degustativa al Magorabin prevede repentini salti nel buio, durante i quali Marcello Trentini si limita a indicare il nome del piatto non aggiungendo alcuna spiegazione, come nel caso del Abbiamo liquefatto il vitello tonnato, un’evidente sfida alla classicità sabauda che svela una deliziosa battuta di vitellone di razza piemontese ricoperta da una ventresca di tonno rosso marinata in soia e sake e bruciata al cannello, cialda d’amaranto, gel di yuzo e soia e salsa tonnata che – nello specifico – è un dashi di katsuobushi e alghe. Un piatto che scivola con eleganza verso suggestioni orientali e che si svela in un indiscutibile piacere votato ai contrasti.
Iconico, l’evergreen Lingua -Gamberi – Mandarino, un piatto che nel lontano 2007 Marco Bollasco – allora caporedattore della Guida del Gambero Rosso – apprezzò al punto da coniare per la prima volta il neologismo food-porn. Una portata che unendo una lingua cotta lentamente, una tartare di gamberi di Santa Margherita (“perché quelli di Mazara, li usano tutti!”) e un gel di mandarini tardivi del presidio Slow Food di Taranto, mostra come alementi antipodici diano spesso vita ad armonie gustativamente inenarrabili.
L’abbinamento al calice proposto da Simona Beltrami, non si limita all’imponente e ampia Cantina del ristorante Magorabin, ma osa “altro e oltre”, suggerendo té profumati, intriganti miscelati e sidri di altissima qualità.
La schizzofrenia creativa dello chef emerge in piatti come la Ceviche di Spaghettini, ricetta in cui il simbolo dell’italianità incontra per osmosi i profumi tipici della marinatura sudamericana, evocando similitudini visive e suggestioni orientali.
La tradizione torna quantomeno apparentemente con l’Agnolotto pizzicato ripieno di 5 carni cotte con sistemi differenti: dalla coppa del maiale lardellata arrosto al reale della coscia del manzo brasata; dalla gallina bianca cotta alla brace, al coniglio cotto sottovuoto a cui poi vengono aggiunti i suoi fegatini, spadellati con aceto balsamico. Un real-fake (per dirla con Trentini) che – a ben vedere – fonde in sé le tradzioni dell’agnolotto torinese e del plin del Monferrato, in un’idea unica e personale che lo chef serve senza alcun condimento su un tovagliolo bianco come vuole l’antica tradizione.
Ogni chef ha in carta un piatto della memoria. Ma non è detto che le emozioni che dovrebbero vivere in quella ricetta possano catturare il commensale con il dovuto pathos.
L’esercizio riesce invece alla perfezione a Marcello Trentini che – ripescando tra i profumi e i sapori della propria infanzia – rievoca e ferma quell’attimo in cui, con papà, preparava quel piatto facile e veloce. Il piatto in questione è riportato in carta come Spaghetti / Pane / Burro / Acciughe e rappresenta un’evoluzione di quel primo sfizioso in cui il burro e l’acciughina – protagonista assoluta della Bagna Caoda piemontese – avvolgevano soavemente i tajarin. Un piatto che Trentini mantiene in carta da quasi dieci anni e che, dopo innumerevoli mutazioni, si presenta oggi come un tagliolino all’acciuga mantecato, impreziosito da polvere di pane integrale.
La degustazione è rilassata e generosa, ma lascia spazio ai secondi ove Marcello Trentini mostra un’ottima affinità con le carni, proponendo piatti dal sapore deciso e vigorosi al morso.
I dessert nascono ancora una volta dalle memorie proustiane dello chef, in dolci mai eccessivemente dolci e in cui gli zuccheri non trovano spazio d’azione. La pasticceria, affidata alla pastry Sara Maranzana si esprime in creazioni che esaltano al massimo la tradizione, ancorandosi ad abbinamenti freschi e defaticanti.
Oltre al percorso gastronomico, imperdibile l’esperienza di Casa Mago Cocktail Lounge, recentemente aperto nei locali adiacenti al ristorante, dove tutto iniziò diciassette anni addietro. Un cocktail bar dalle atmosfere cosmopolite in cui bere e mangiare – a partire dall’ora dell’aperitivo e sino a notte – ove cocktail e miscelati sono affidati alla brava Carlotta “Charlie” Linzalata e in cui l’offerta gastronomica trova la sua massima espressione nelle scodelle, dove lo chef combina ancora una volta ricette e sapori nostrani a contaminazioni da tutto il mondo.
Photo credits © Lucio Elio