Quanta Storia si respira al civico 20 di via Broseta a Bergamo.
Sì, perché è qui che sorge il ristorante più antico del capoluogo orobico: un locale che dal 1855 a oggi ha cambiato certamente pelle più e più volte, mantenendo però saldi valori quali ospitalità e cultura enogastronimica, adeguandosi con estrema naturalezza al contesto e alla società dell’epoca a cui apparteneva.
> Tutta la “storia” dei Tre Gobbi
Parliamo dell’Osteria Tre Gobbi, ristorante passato sotto la direzione di Marco Carminati nel 2017 e che nel 2020, a seguito di un’esperienza multipla (e senza dubbio “impegnativa”) di Oste tra Cucina, Sala e Cantina, si allarga all’amico e collega Filippo Cammarata, dando così forma a un progetto ambizioso di Osteria Contemporanea, certamente non scontata per la città di Bergamo.
Una formula che affida a Cammarata i fuochi della cucina, mentre consente di curare la Sala e la fornitissima Cantina (a oggi rappresentativa di oltre 1200 etichette) a un Carminati evidentemente marchiato a fuoco per tale percorso.
Nato il 17 gennaio dell’84 a Seriate, in provincia di Bergamo, Marco Carminati vive la sua terza esistenza a partire dal 2020 quando, messa precedentemente in saccoccia la laurea in ingegneria chimica, archiviata la volontà di interpretare il ruolo del One-man-show dell’Osteria Tre Gobbi, e consapevole degli ottimi risultati conseguiti sino a quel momento, comprende che probabilmente sia definitivamente giunto il momento di fare il salto di qualità, individuando quello che sarebbe stato il suo braccio destro. Chi chiamare dunque a rapporto, se non uno dei più validi talenti della ristorazione bergamasca che, guarda caso, gli era anche affettivamente legato?!
«Filippo è da sempre il mio migliore amico» – spiega Marco – «e il mio sogno era quello di aprire un ristorante insieme a lui, solo che per un susseguirsi di vicissitudini, le nostre vite professionali non si erano mai incrociate sino a quando per lo meno, Filippo scelse di lasciare un progetto che aveva contribuito a far nascere tra il 2018 e il 2019, intrapendendo un nuovo cammino. Non potevo perdere questa occasione. Come dico sempre anche ai clienti, io ho provato la cucina di oltre 400 ristoranti Stella Michelin nel mondo, ma il mio cuoco preferito resta senza dubbio Filippo Cammarata!».
Stima e affetto dunque, alla base di un progetto forte della sua storicità ma che con Cammarata promette di portare (e confermare per taluni versi, vista la fiducia già forte da parte di una clientela molto attiva in un passaparola capace di riempire sempre il locale) l’Osteria Tre Gobbi ai livelli qualitativi più elevati della ristorazione del capoluogo orobico.
Nato nel 1983 a Ponte San Pietro in provincia di Bergamo, ma di fiere origini siciliane, Filippo Cammarata si diploma all’istituto alberghiero di San Pellegrino e inizia a lavorare da giovanissimo in uno degli indirizzi più noti di Bergamo, Cece e Simo dove – tra un’esperienza e l’altra – si fermerà circa diciassette anni: tra le numerose opportunità che ne hanno delineato la formazione, l’avventura nel 2015 nelle cucine tristellate di Niko Romito e due anni più tardi, quella a fianco di Sua Maestà Massimo Bottura, (a quel tempo, miglior chef al mondo secondo la classifica The World’s 50 Best Restaurants). Una maturità professionale affinata e completata grazie a curiosità, viaggi e apertura verso culture lontane, come quella in Terra cinese al Ritz Carlton di Shangai, o quella che lo ha condotto sino in Perù, in uno di templi della ristorazione mondiale, il Central di Lima, massimo esempio della gastronomia autoriale e di valorizzazione della biodiversità in chiave gourmet.
Nel 2019 viene coinvolto dalla famiglia Agnelli per ideare, progettare e aprire il ristorante Bolle per poi lasciarlo nella seconda metà del 2020 a favore della nuova avventura, in quell’Osteria, inspiegabilmente a lui tanto cara.
«Sono sempre stato attratto dall’Osteria Tre Gobbi: sin da ragazzino, quando mi recavo al lavoro in treno passavo ogni giorno a piedi di fronte a questo luogo di cui mi colpiva il fascino e l’allure. La vecchia insegna, la posizione accanto a un’antica chiesetta, il mistero e la storia di quello che era il locale più antico di Bergamo. Chi avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe stato il mio ristorante? Gestito insieme un caro amico, tra l’altro».
Ed è così che, a partire dalla fine del 2020 la coppia Cammarata–Carminati inizia una progressiva metamorfosi dell’Osteria Tre Gobbi, che parte dal rinnovamento della cucina e dei locali per culminare nel giro di un paio d’anni in una carrellata di idee gastronomiche proposte alla Carta o nei tre menù degustazione davvero innovativi: a partire da Centralità Vegetale, un percorso studiato in dieci passaggi in cui i frutti della terra sono i reali protagonisti: un menù non vegetariano ma sostenibile, in cui ogni portata si ispira al vegetale di stagione di riferimento, esaltandolo attraverso accostamenti e tecniche ideali. La Cima di Rapa, sbollentata e ripassata in padella, viene servita con le sue infiorescenze, foglie e gambo e – per accrescerne il piacere al palato – e completata da una crema, realizzata con il vegetale stesso. Al gusto amaricante e tipicamente ferroso dell’ortaggio invernale, corrisponde una parte più salmastra conferita dalle cozze in accompagnamento, anch’esse impreziosite da un’emulsione creata con gli stessi molluschi, giocando ancora una volta sui contrasti degli elementi (di gusto e di consistenza). Un gioco certamente ravvivato dalla salsa BergamoXo by Cammarata che – partendo dalla più nota salsa XO (un condimento cinese realizzato con pesce fermentato) – viene riscritta in chiave orobica, lavorando la Sardina esiccata di Montisola e il salame nostrano fermentato, mettendo così a punto la giusta intuizione per chiudere il piatto in maniera magistrale.
Un menù dalla stagionalità non standardizzata che, grazie anche a un percorso alla cieca, muta a seconda delle materie disponibili e provenienti dai piccoli agricoltori, allevatori e pescatori virtuosamente coinvolti. Interessante l’esercizio innescato intorno agli ingredienti, con l’obiettivo di dare forma a un piatto, declinando un unico elemento attraverso tecniche e consistenze, come nel caso del dessert Sedano Rapa e Vaniglia, in cui la radice viene cotta al cartoccio, rilasciando i suoi succhi con cui lo chef realizza un caramello piacevolmente dolce-amaro utilizzato per laccare anche dei cubetti di sedano rapa che vanno a decorare un cremoso di sedano rapa realizzato con polpa e scorze del vegetale (in un’ottica no-waste) e cioccolato bianco. Il tutto guarnito dalla freschezza delle foglie di sedano, dalla balsamicità della polvere di levistico e dalle note esotiche del gel di vaniglia.
Il menù Iconicità dell’Osteria Tre Gobbi invece, contempla alcuni tra i piatti più celebri e apprezzati dello chef Cammarata (sempre nel totale rispetto della stagionalità, ovviamente), tra cui non potrebbe in alcun modo mancare all’appello l’Animella di vitello Arrosto, fichi e parmigiano, un’animella di cuore (più dolce e compatta di quelle di gola) resa croccante nel burro e servita con un cremoso di parmigiano, riduzione di ficotto e fico caramellato: un piatto votato alla lussuria, in cui dolcezza e sapidità prevalgono in una dicotomia perfettamente riuscita e in cui i sapori restano piacevolmente ancorati a una cucina comprensibile, golosa e a tratti piaciona.
Altra icona di Filippo Cammarata, l’ormai “glorioso” Pacchero al kiwi, ostriche e fungo, un lavoro nato intorno alle analogie gustative di kiwi e pomodoro, particolarmente simili tra loro per acidità: da qui, la felice intuizione dello chef di trattare la tipica bacca della Nuova Zelanda come il frutto più iconico della cucina mediterranea, facendone una passata tradizionale con cui condire la pasta. Per innescare il piacevole gioco di contrasti tanto caro a Cammarata, entrano poi in gioco le note iodate e a tratti nocciolate dell’ostrica (ghiacciata da un lato ed emulsionata dall’altro) e quelle umami della salsa realizzata col fungo trombetta dei morti: il risultato? Un piatto concettuale eppur di facile comprensione all’assaggio e nel quale i sapori si traducono in un riuscito melange di sorpresa e di ricerca.
Tra i piatti di Filippo il Cervo, Civet e Sottobosco sintetizza ancora una volta sovrastrutture poetiche e complesse, votate però sempre a una comprensione golosa all’assaggio: perché, se da un lato la verticalità del piatto cela una succesione di preparazioni laboriose e cerebrali, l’obiettivo finale resta sempre quello del gusto. Qui il cervo viene declinato in tre preparazioni: un controfiletto delicatamente scottato; una terrina prepararata con la medesima selvaggina, foie gras, panna e funghi; e una salsa civet, una preparazione simile al salmì, realizzata con la carcassa dell’animale, vino rosso e spezie. Il tutto, accompagnato da elementi vegetali che rievochino le suggestioni del bosco, quali topinambur, mirtilli e cime di rapa essiccate – a voler ricordare le foglie cadute da un albero.
La degustazione storicità propone infine un percorso più classico, capace di celebrare il simbolo della trattoria, rievocando e rileggendo in chiave più light e moderna alcuni grandi classici, attraverso una proposta di 4 portate ispirate alla storia della cucina italiana e talvolta d’Oltralpe, come la Crespella alla Boscaiola che all’Osteria Tre Gobbi viene ricreata con grano saraceno e servita con una base di sugo di pomodoro e funghi porcini, spuma di besciamella, fondo vegetale, salsa al prezzemolo, parmigiano e funghi finferli sottaceto – sempre per non rinunciare a quella parte di acidità tipica dei piatti di Cammarata, indispensabile per affrontare un pasto con piacevole leggerezza, anche dinnanzi alle proposte gastronomiche più avvolgenti.
Piatti senza tempo capaci di creare un sistema di rifrazione tra passato e presente in continua oscillazione, che a fianco di grandi classici in Carta come la Polenta Taragna, i Casoncelli alla Bergamasca o l’inconfondibile Tiramisù servito come fosse una piantina, costituiscono una valida alternativa alle proposte più creative dello chef Filippo Cammarata ed elevano l’Osteria Tre Gobbi a uno degli indirizzi gastronomici imprescindibili (e sicuramente più interessanti) della città di Bergamo.