Ci fu un tempo in cui gli chef cucinavano.
Un tempo in cui la televisione non esasperava l’universo gastronomico e i social non avevano preso il sopravvento sull’aspetto più conviviale della tavola.
Un tempo in cui gli chef, erano semplicemente chef.
Ci fu un tempo in cui la tradizione gastronomica famigliare rappresentava l’essenza della cultura del nostro Paese.
Un’essenza che oggi sembra riappropriarsi del proprio spazio, dando vita a progetti volti a tutelare una delle istituzioni più sentite della tradizione nostrana – la famiglia – con l’obiettivo di dare forma a ristoranti che custodiscano nel proprio ideale l’essenza stessa di quei valori che tanto profumano di “casa”.
La famiglia: l’essenza della cultura italiana. O, probabilmente, la sua Quintessenza.
E’ emozionante poter scorgere valori tanto radicati in una storia che ha come protagonisti quattro fratelli che, fieri delle proprie origini contadine, scelgono di custodirle e condividerle in un ristorante, con il desiderio di far emergere e concretizzare l’ambizioso proposito di dare forma a un luogo in cui accogliere l’ospite attraverso un caloroso approccio sincero, e ove presentare una cucina che parta dal territorio, rispettando la tradizione attraverso una contemporanea visione globale.
Il ristorante è il Quintessenza di Trani e i fratelli rispondono al nome di Stefano, Alessandro, Domenico e Saverio Di Gennaro.
Quattro fratelli così simili, così diversi che – destreggiandosi operosi tra sala e cucina – rappresentano l’anima di un ristorante giovane e raffinato, capace di distinguersi per personalità e meritare un posto di rilievo in alcune delle massime associazioni di settore come Les Collectionneurs, iniziativa fondata da Alain Ducasse con l’ambizione di divenire punto di riferimento dei viaggiatori più esigenti.
A dirigere i fuochi, Stefano Di Gennaro, secondogenito della famiglia e fautore di una cucina schietta nel gusto e mai autoreferenziale, degna di appartenere alla prestigiosa associazione JRE, e ricevere l’ambita Stella Michelin nel novembre 2016.
> Leggi l’intervista a Stefano Di Gennaro
Al suo fianco in cucina, Alessandro – il più giovane dei Di Gennaros’ – a cui è affidata una linea dei dolci di tale livello qualitativo che, basterebbe anche da sola, per metirate l’esperienza del viaggio!
Ma c’è di più. La Sala è diretta magistralmente da Domenico (il maggiore di casa Di Gennaro, e professionista di esperienza internazionale) e Saverio che – messa nel cassetto la laurea in marketing e comunicazione – sceglie di seguire la via del cuore e del vino, definendo una carta mai banale e divenendo un pilastro fondamentale nell’accoglienza del ristorante Quintessenza.
Una gestione giovane e garbata, in cui non viene mai meno il calore famigliare dei quattro Di Gennaro; stesso mood riscontrabile nei piatti che è possibile degustare à la Carte, o attraverso una delle due opzioni di degustazione: Liberamente con 6 portate a scelta dello chef a 70 euro o Quintessenziale con 5 portate a 58 euro.
E’ evidente l’attaccamento al territorio pugliese e il desiderio di onorarlo attraverso una chiave soavemente contemporanea, sin dai primi accenni: golosissimo il bun con capocollo di Martina Franca e burrata e perfettamente a fuoco gli assaggi con il vegetale protagonista, come la cialda di zucca con misticanza e limone o il craker di patate e zenzero.
I classici della tradizione italiana vengono reinventati e nobilitati, sia attraverso tecniche di cottura moderne, che tramite l’aggiunta di materie nobili. Un esempio? Lo Scampo, prosciutto e melone, ovvero uno scampo appena scottato, servito in un brodo di prosciutto e menta, accompagnato da una gelatina di melone. Un classico della tradizione gastronomica dello scorso millennio che trova nuova linfa attraverso una reinterpretazione più pop e coraggiosa.
Meno graffiante il Polpo, gazpacho di pomodoro e fagiolini, ma interessante nel complesso, per consistenza, temperatura e per l’acidità del gazpacho ravvivata dalle note del Tamarillo, frutto esotico simile al pomodoro.
Quello che emerge dalla carta del ristorante Quintessenza è la peculiarità delle idee, evidentemente alternative a molti ristoranti di stampo mediterraneo. La golosità del Risotto alla pescatora è ineguagliabile e, nonostante i rimandi classici del piatto, sono interessanti le variazioni sul tema messe in atto da Di Gennaro: ogni elemento legato al mare è lasciato crudo, al fine da esaltarne al massimo caratteristiche e gusto tipiche dei due mari che abbracciano la Puglia. A completamento, un manto caldo di Carnaroli Riserva San Massimo, chiude l’assaggio, regalando un piacere al palato inenarrabile, in cui note iodate e salmastre si bilanciano perfettamente con la componente più dolce e delicata.
Ancora freschezza per la Spigola in brodo di mela verde e cetriolo, sedano e alghe, emblema assoluto di pulizia e leggerezza, caratteri primari della cucina di Di Gennaro. Un epitome di elementi e sapori della propria terra che, ancora una volta, chiama a rapporto una materia del nord Italia come la mela che chiude il piatto in una perfezione assoluta.
Ode alla nota dolce dove Alessandro Di Gennaro gioca, mettendo in scena trompe l’oeil o ricreando evocative opere d’arte: indimenticabile la Ciliegia, grande esempio di pasticceria in cui il tipico frutto estivo viene presentato in differenti lavorazioni e consistenze e laddove leggerezza e freschezza prendono il sopravvento, consentendo una chiusura del pasto, con totale soddisfazione.
Inutile narrare dell’eleganza essenziale degli ambienti dal momento che – nel giro di pochi mesi – il ristorante Quintessenza traslocherà all’interno di uno splendido palazzo del diciannovesimo secolo, nei pressi del Castello di Trani. Una ragione in più per raggiungere la Capitale del Gusto pugliese, alla scoperta della Quintessenza della ristorazione.
Photo credits © Lucio Elio