Il 2018 della ristorazione, si è concluso con un importante inizio.
Affermazione apparentemente antitètica, ma fondatamente realistica se attribuita al caso di Franco Aliberti che, da novembre 2018 è il nuovo chef del ristorante Tre Cristi di Milano.
Franco Aliberti, ovvero il massimo rappresentante italiano di un’Alta Cucina sostenibile e noto ai più per alcune delle sue precedenti esperienze in cui è impossibile non menzionare la più recente – ovvero quella al fianco dello Chef Gianni Tarabini a La Présef, ristorante stella Michelin della splendida Azienda Agricola La Fiorida, situata nella bassa Valtellina.
Classe ’85, campano doc e tradizione famigliare contadina, Aliberti intraprende la carriera da giovanissimo, passando per le cucine di giganti della ristorazione quali Alain Ducasse, Massimiliano Alaimo, Gualtiero Marchesi, Massimo Spigaroli e Massimo Bottura. Qui affina crescentemente l’arte pasticcera – suo campo di parteza – e acquisisce un passo per volta competenza e personalità nella cucina tout court, sviluppando progressivamente un approccio a cibo e cucina etico e rispettoso dell’ambiente che lo circonda.
Un approccio che oggi ne delinea la filosofia, e ci consegna un Franco Aliberti maturo e consapevole che – nella nuova esperienza presso i Tre Cristi – promette di esprimersi senza condizionamenti e riserve, attraverso una proposta coraggiosa, essenziale e ragionata.
Una proposta che si concretizza in una Carta in cui Milano – nuova culla dello Chef “eco-sostenibile” – acquisisce un ruolo centrale, evolvendosi da semplice scenario a ruolo di protagonista, e a cui Aliberti dedica ogni singolo piatto in Carta, oltre a i due menù degustazione.
In Città – ad esempio – è una degustazione sviluppata in 8 corse capaci di raccontare una storia, quella di Franco Aliberti e della sua esplorazione meneghina, attraverso la cultura gastronomica che ne ha segnato la storia, ma anche assorbendo i nuovi e numerosi stimoli che hanno caratterizzato lo sviluppo della capitale lombarda da Expo in poi. E’ così che nascono idee come Milano, un omaggio al panettone in versione salata, accompagnato da mostarda di mele cotogne e salsa allo zabaione; o Isola, piatto ispirato a uno dei quartieri più fervidi e internazionali della città che – attraverso l’interpretazione di un Ramen – mostra quanto lo chef campano sia sensibile a contaminazioni coerenti. Vale la visita, Darsena, una michetta 100% gluten-free ripiena di trippa in umido ispirata a Giuseppe Zen, celeberrimo macellaio del Mercato Coperto di Milano e dedicata a una tipologia di pane della tradizione, ma sempre più difficile da reperire in città.
Altro menù degustazione, A Due Passi da Milano, un viaggio attraverso 10 portate alla scoperta delle piccole-grandi eccellenze italiane, valorizzate nella propria essenza dalla ricerca profonda e dalla tecnica dello Chef. Eccellenze dall’anima sostenibile in cui emergono piatti come Cavolfiore o Carciofo, ricette nate attraverso l’elaboriazione di un’unica materia con differenti tecniche, consistenze e temperature. Imperdibile Gallina, un riso carnaroli riserva San Massimo cotto nel brodo di gallina ovaiola ruspante della Valtellina, arricchito da una golosissima crema realizzata con le parti meno nobili dell’animale, carne croccante e il suo fondo. Un piatto che sintetizza la filosofia eco-sostenibile di Aliberti, scegliendo un animale non giovane e dunque non più produttivo, e nobilitandolo in ogni sua parte. Ciascuna portata indicata in carta menziona la distanza in chilometri che la materia prima protagonista del piatto ha percorso dal campo o dalla fattoria, sino a giungere nelle cucine dei Tre Cristi.
Ogni piatto è ovviamente ispirato alla stagionalità e viene ideato sul singolo ingrediente, nell’ottica di esaltare al massimo le materie prime – di cui vengono sfruttate tutte parti commestibili – attraverso giochi sensoriali e gustativi.
Mai più di tre ingredienti a ricetta e un’apertura intelligente a ogni tipologia di alimento, con una sola eccezione al pesce d’acqua salata che, al Tre Cristi, non trova spazio a causa della scarsità di prodotto presente nei nostri mari che porta troppo spesso ad accontentarsi di pesci e crostacei allevati in cattività.
Nei dessert, torna l’Aliberti in purismo e purezza, in cui l’animo ludico e fanciullesco prende il sopravvento, dando forma a opere che traggono spunto dallo Skyline della città o dalla tradizione milanese del tram, simbolo della città, del suo movimento e della sua dinamicità.
L’elemento naturale trova continuità nella mise-en-place, con una linea di piatti/scultura realizzata dallo stesso Aliberti in collaborazione con l’artista Laura Zeni: opere volutamente bianche e ispirate a modelli di nudi vegetali che, nella loro semplice eleganza sembrano ribadire la forza e la purezza di Madre Natura.
La Sala, che per atmosfera non incarna ancora pienamente l’anima del suo Chef, è gestita con affabile professionalità dalla brava e giovane Monica Angeli Maitre e Sommelier, e responsabile di una cantina particolare, in cui è possibile scegliere tra circa 150 referenze relative soprattutto a piccolissimi produttori biologici italiani , con un occhio – ovviamente – anche all’estero (soprattutto Francia).