“Come può una società – che si fonda su sughi pronti, ricette di torte veloci, cene surgelate, e fotocamere istantanee – insegnare la pazienza ai suoi giovani?”.
E’ ripensando a questa domanda retorica, letta poco tempo addietro in un saggio di Paul Sweeney che osservo Daniele Caccia, giovane e tenace ristoratore della Trattoria Visconti, locale della provincia bergamasca che – insieme alla sua famiglia – gestisce con passione e cura verso la tradizione. Locale che, dal 1932, custodisce con amore la memoria di famiglia, tramandandosi di generazione in generazione ricette e valori in controtendenza con la frenesia e la superficialità a cui cerca di abituarci la Società contemporanea.
Sì, perché Daniele e suo fratello Roberto (ai fuochi) hanno avuto la fortuna di crescere in una famiglia in cui le cose si fanno ancora a regola d’arte: mentre papà Giorgio cura minuziosamente l’orto del ristorante, mamma Fiorella – da perfetta padrona di casa – si divide tra l’accoglienza della sala e le preparazioni più importanti della cucina. Preparazioni realizzate, appunto, con i frutti della propria terra o con prodotti provenienti dai Presidi Slow Food o da piccole Aziende del Territorio di grande eccellenza.
Un’attenzione che ha permesso alla Trattoria Visconti di figurare ormai da diversi anni tra i Cuochi dell’alleanza Slow Food, oltre che nella selezione dei 15 ristoranti Slow Cooking di Lombardia, e di essere una delle 8 Premiate Trattorie d’Italia, poiché locale con una gestione familiare di oltre mezzo secolo, focalizzata sulla valorizzazione della tradizione territoriale.
Una storia che parte agli inizi degli anni ’30, quando Leone Visconti – nonno di Daniele che già commerciava in vini – capì l’importanza del significato di “accoglienza”, acquistando i locali in cui oggi si trova la Trattoria Visconti, trasformandola, col passare del tempo in un ristoro e poi in una vera e propria trattoria in cui la famiglia preparava alcune specialità come i casoncelli e il carrello dei bolliti che, ancora oggi, vengono serviti secondo la tradizionale e originale ricetta. La stessa ricetta – quella di nonna Ida – riportata a pagina 123 del Dizionario Enciclopedico della Cucina Bergamasca, come una delle versioni tipiche del celeberrimo primo piatto orobico.
Una tradizione alla spasmodica ricerca dell’eccellenza che si concretizza in piatti comunque sempre attuali, con la giusta attenzione all’universo vegano e alle sempre più diffuse esigenze alimentari. E in questo caso, ovviamente, gli ortaggi dell’orto del ristorante sono i veri protagonisti, con insalate freschissime ai fiori e semi o un tortino di carote e piselli con crema di fagioli neri.
O i primi a Kilometro Zero, come il risotto carnaroli con erba silene e bitto o le pappardelle con ragù di pecora.
Carne ovina che ritorna anche nell’insalata di pecora con senape in grani, piatto della tradizione lombarda che racconta una storia, esattamente come la polenta in accompagnamento alla maggior parte dei secondi e che viene servita nel corso di tutto l’anno. Una polenta ottenuta dal mais rostrato dell’Isola bergamasca, coltivato direttamente nell’orto della Trattoria: dal classico coniglio nostrano della tradizione bergamasca, alla quaglia gigante bergamasca disossata.
Le carni arrivano tutte da Aziende Agricole locali dove gli animali vengono allevati secondo sistemi etici e biologici. Discorso che ovviamente non vale solo per questo tipo di alimento ma per tutto ciò che viene scelto di utilizzare per essere portato in tavola: dall’olio, al pane, ai formaggi e latticini di capra o vaccini, tipici delle valli bergamasche.
Plauso speciale per la Cantina che, grazie alla grande passione di Daniele, è esplosa negli anni, arricchendosi di etichette di prestigio e sapendo selezionare con cura e capacità critica, anche le migliori bottiglie del territorio.
Io, del resto, alla Trattoria Visconti – Ambivere ci sono tornata in occasione della mia intervista realizzata per il Giornale.it a Manuele Biava – rinomato produttore ella provincia di Bergamo che, per l’occasione ha fatto stappare due dei suoi rossi da tavola – il Guelfo e il Ghibellino – che mi hanno definitivamente convinta del fatto che la viticoltura bergamasca può andare ben oltre ai più semplici Valcalepio. E ovviamente, se dici “Biava” dici “Moscato di Scanzo”, non potevamo non concludere il nostro pasto che con un dolce speciale, presentato nel 2011 a Eataly al Lingotto di Torino, in occasione della cena di apertura per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia dove le Giubbe Rosse garibaldine originarie di Bergamo sono rappresentate dalla crema di Moscato di Scanzo che scendono sino in Sicilia, patria del pistacchio: la dolce discesa dei Mille.
La Trattoria Visconti sembra dunque aver trovato gli ingredienti e la formula perfetti per presentare il mix vincente di cucina, cultura, tradizione, ricerca, territorio, stagionalità e grande eccellenza. Il tutto a una spesa più che accessibile e con la totale consapevolezza di cosa significhi mangiare consapevolmente.
Reportage: photo credits © Lucio Elio