Difficile da descrivere il fermento gastronomico che sta attraversando la Puglia.
Difficile comprendere la crescita conosciuta negli ultimi anni dal Salento che, da una classica proposta tradizionale – spesso proiettata a una cucina turistica mordi e fuggi – ha spesso trascurato le peculiarità culturali di un Territorio meritevoli di sublimazione e degne interpretazioni d’Autore.
Eppure, da qualche anno non è più così, da quando una manciata di giovani salentini ambiziosi ha scelto di valorizzare al massimo uno dei territori più belli d’Italia (e probabilmente del mondo), raccontandolo attraverso l’evoluzione del gusto e l’esaltazione della sua tipicità.
Spicca in questa tumultuosa rivoluzione gastronomica il Primo Restaurant in Lecce, un indirizzo nato il 24 febbraio 2016, capace di suscitare interesse non tanto attraverso il fenomeno dello star-sistem gastronomico, ma grazie alla cucina e alle idee di una giovanissima chef schiva e riservata, e a un modello ospitalità attento e curato, voluto e perfezionato costantemente dai suoi due titolari.
Due titolari che rispondono ai nomi di Silvia Antonazzo e Marco Borelli – coppia nella vita e nel lavoro che – reduci da numerose esperienze di Sala in altrettanti ristoranti stellati e nell’hotellerie di lusso soprattutto capitolini, scelgono di tornare a casa, per dare forma al proprio progetto. Un progetto ambizioso che non si limita a trasferire una solida maturità professionale in un locale di proprietà, ma che osa con ambizione a rompere gli schemi in un territorio ancora disabituato a una certa tipologia di proposta: un ristorante intimo e a misura d’uomo, con appena sedici coperti curati con meticoloso riguardo dagli stessi Silvia e Marco – entrambi maître e sommelier del Primo – ove servire una Cucina d’Autore capace di appagare il piacere del gusto e soddisfare i palati più esigenti.
Ma se la messa a punto del ristorante, dell’accoglienza e di una Carta dei Vini che oggi vanta all’incirca duecento etichette selezionate tra Cantine prestigiose e annate rilevanti, risultano semplici e immediate, grazie all’intervento diretto dei due titolari – più laboriosa si rivela la ricerca di uno Chef che possa incarnare l’essenza del progetto neonato, senza contaminarlo o intaccarne l’originalità: è qui che entra in gioco Solaika Marrocco – salentina, classe ’95 e scommessa vincente del Primo Restaurant di Lecce.
Una Chef autodidatta che intraprende la sua carriera proprio al Primo nel 2016, quando entra in brigata in qualità di sous-chef ma che, nel giro di un anno, ottiene la fiducia di Silvia e Marco che – vedendo in lei un grande potenziale – le affidano la regia della Cucina.
Visione premiata da un’incanalarsi di piacevoli soddisfazioni e premi prestigiosi: imprime sin da subito il suo nome tra le pagine della Guida Michelin e nel 2017 entra a far parte degli Ambasciatori del Gusto, divenendo il membro più giovane dell’Associazione. Nello stesso anno – vince il Premio Birra Moretti Gran Cru 2017, conquistato con i suoi ormai celebri Turcinieddhi glassati alla birra, marmellata di cipolla all’arancia, critmi in tempura e infuso di luppolo; dal 2018 ottiene meritatamente un posto nell’atelier Gran dame Veuve Cliquot e nel 2019, la Guida del Gambero Rosso le assegna il Premio per la categoria Chef Emergente, per l’anno a venire.
Una chef giovanissima con un curriculum da veterano e dall’approccio maturo a cibo e materia, capace di mettere in secondo piano la componente anagrafica della sua esecutrice che – sin dagli amuse bouche rivela da un lato il forte attaccamento al territorio, dall’altro la prepotente originalità del progetto.
Elementi che tornano coerentemente in ogni portata, la cui l’esecuzione parte sempre da materie del territorio evidentemente eccellenti, semplificate nel gusto e alleggerite da tecniche di cottura moderne, come nel caso del dello Sgombro confit servito con salsa di fragole e carota in tre consistenze. Un piatto fresco che gioca intelligentemente sulle sensazioni di acidità e freschezza e che appaga l’assaggio, grazie alla piacevolezza del morso alla consistenza delle carni.
Una Carta in continua evoluzione che però mantiene quali caposaldi alcuni piatti ispirati alla tradizione e alla cultura salentina, e in cui la Marrocco agginge la propria graffiata e il suo personalissimo stile.
Esempio concreto, la Parmigiana, così come lo Spaghetto al al pomodoro, realizzato con una salsa di datterino giallo, polvere della sua pelle, origano e peperoncino caramellato. Un primo piatto votato alla golosità e in cui emergono senza timidezza alcuna i piacevoli contrasti tra acidità, dolcezza e vivace piccantezza.
Piatti che raccontano una storia fatta di rapporti, in cui le materie prime giocano il ruolo di attori protagonisti.
La gallina si esprime al massimo della sua magnificenza nei Bottoni ripieni di gallina arrosto al rosmarino e suo brodo, un piatto commovente che mostra come un elemento della cucina povera e della tradizione contadina possa divenire regina di una tavola caratterizzata da un gusto schietto e da una ricerca incessante.
Da applausi “la sfida del quinto quarto” che – con le Animelle all’ arancia e gamberi rossi crudi di Gallipoli serviti con olio al timo e maggiorana – si aggiudica l’Oro nella categoria: piatto coraggioso, alternativo e vincente, che sottolinea l’attitudine matura di una chef in costante crescita, animata da quell’incessante desiderio di continuare a migliorarsi attraverso una ricerca maniacale del suo lavoro.
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Tutto il percorso gastronomico – esplorabile sia fra le singole proposte della carta o in uno dei due menu degustazione da 7 o 10 portate – conferma l’originalità del progetto del Primo Restaurant e di quanto le emozioni e i sapori scoperti tra queste quattro mura, non possano essere rivissute in alcun modo in nessun altro locale.
La conclusione è affidata all’esperienza del giovane Pastry Gabriele Fattizzo che, evitando stacchi traumatici tra portate principali e dessert, propone dolci mai troppo dolci che chiudono il percorso con sapori o elementi vegetali presenti anche nell’ouverture del menù.
Photo credits © Lucio Elio