Buona Cucina Bruta.
Una massima che si spinge oltre allo slogan, valicando i conformismi, e ancorandosi con pertinacia a un ideale virtuoso.
Un ideale che da un lato sceglie di custodire e valorizzare il territorio circostante, dall’altro mette la retromarcia, rifiutando alcune delle tecniche più innovative della cucina contemporanea, ricercando e riscoprendo alcuni dei sistemi di lavorazione del cibo appartenenti a epoche passate, ma con la consapevolezza di oggi.
Un ideale che ci conduce a Sorisole, alle porte di Bergamo, dove il 30 maggio 2019 ha aperto il Rustikal, ristorante del giovane chef e patron Federico Colombini che – a seguito di mirabolanti esperienze stellari in giro per l’Europa – torna nella sua Bergamo con un progetto forte e identitario, dando seguito a quel fermento ristorativo intrapreso da alcuni anni da insegne giovani e innovative come il N.O.I, la Trattoria Brosetti o la più recente Osteria degli Assonica.
Classe ’88 e bergamasco d’origine, Federico Colombini consegue il diploma di ragioneria che ripone però in breve tempo nel cassetto, assecondando il desiderio di lavorare nell’unico settore che sentisse affine a sé stesso ovvero, quello della ristorazione.
Parte subito in quarta poiché la prima esperienza lo porta in terra d’Abruzzo al ristorante stella Michelin La Bandiera ove trascorre un anno e mezzo in cui apprende tecniche e dinamiche dell’Alta Cucina, che approfondisce nel tempo libero divorando la letteratura di settore. Nel 2014 è la volta del St. Hubertus di Norbert Niederkofler (oggi 3 stelle Michelin) ove trascorre due anni in due tempi differenti e in cui non solo apprende tecniche che segneranno in maniera profonda il suo percorso, ma entra in contatto con alcuni dei maggiori rappresentati dell’Alta Cucina mondiale aprendo gli occhi sulla sconfinatezza delle opportunità e degli universi gastronomici da lui ancora inesplorati. Presegue dunque la sua indagine prima nello stellato Aga – al fianco di Oliver Piras – poi al Colletto AgriBioRelais dove approfondisce la cultura legata alla cucina francese. Sino a quella che rappresenta l’opportunità di una vita, trascorrendo un anno nelle cucine del Mugaritz – nel 2016 settimo ristorante al mondo per la prestigiosa classifica The world 50 best.
Un anno fondamentale che rappresenterà il culmine di un percorso in cui fermentazioni, sperimentazioni e soprattutto la capacità acquisita di demolire alcune grandi certezze illumineranno il percorso di Federico Colombini, sino a condurlo alla folgorazione e alla decisione di aprire a Bergamo il suo Rustikal Ristorante.
Un ristorante che inaugura con una visione radicale della proposta, in cui il territorio limitrofo diviene protagonista assoluto e in cui le tecniche moderne vengono tralasciate a favore di quelle più ancestrali e cotture lente.
Il pesce di mare non trova nessuna apertura, mentre quello di acqua dolce si ritaglia lo spazio giustamente meritato in terra orobica, al fianco di manzi o agnelli allevati nei pascoli limitrofi, così come il vegetale.
L’ospitalità ludica può piacere oppure no, ma è innegabile che l’accoglienza con sorriso e cilindro di Federico Colombini non può che rimarcare la coerenza di un progetto che trasuda curiosità e cultura – soprattutto letteraria – che si rivela anche nei menù degustazione, intitolati all’opera principale di Lewis Carroll: tredici portate per il Brucaliffo, otto per Bianconiglio e Cappellaio Matto nel quale il vegetale diviene protagonista indiscusso, sottraendo lo scettro di reginetta alla parte proteica che, per l’occasione, viene presentata semplicemenete come elemento marginale o secondario.
Abbiamo finito il prosciutto! è un evidente inizio “brutale” di degustazione, una provocazione in cui anguria e melone vengono sottoposti al medesimo processo di lavorazione dell’insaccato al fine di ingannare il palato, non tanto per la spiccata sapidità della proposta, ma per la piacevole consistenza della materia e per il morso sensulamente verace.
Una carezza Nido d’Autunno, piatto semplice e immediato che ci accompagna con calore verso i primi freddi e in cui un elemento primordiale e fragile come un tuorlo d’uovo trova protezione in un nido di porri e cavolfiori fritti accompagnati dal tepore di un brodo chiarificato di manzo arricchito di salsa di soia di funghi che rivela la passione gli importanti trascorsi di Colombini come saucier in occasione dell’esperinza “francese” al Colletto AgriBioRelais.
Si spinge con le fermentazioni e si comincia ad affermare l’idea di quella cucina bruta tanto cara al Rustikal Ristorante con Kronos, un viaggio caratterizzato da schizzofrenici salti nel tempo e rifrazioni temporali che, partendo dalla fermentazione di un anno del frutto del fico, si incammina verso un passato più prossimo – rappresentato dalla foglia essiccata della vite – e giunge a noi con la freschezza del pescato del giorno con il coregone della Pescheria Montisola. Un piatto che coinvolgendo volutamente il senso del tatto, spinge prepotentemente sulle note acide e rivela tutta l’esperienza maturata da Colombini nel decennio che lo ha portato all’apertura del Rustikal.
Esperienza che torna in ogni piatto del Rustikal ristorante, come nel caso della Lingua – chef-d’oeuvre di Colombini per la stagione primavera/estate/autunno/inverno – nata nelle cucine del St. Hubertus quando Norbert Niederkofler gli concede carta bianca, dandogli modo di ideare un piatto talmente perfetto da conquistare il cuore (e il menù) dello chef tristellato: una lingua bollita lentamente per dieci ore e infine piastrata, viene servita con una salsa di tuberi e mirtilli fermentati che, per percezione palatale e sinestesia del gusto richiama i sentori di un brasato rivelando ancora una volta padronanza e confidenza in materie di salse di Federico Colombini.
Impossibile non ammettere quanto le carni offrano il giusto spunto a Colombini per dare forma a piccoli capolavori come il Collo di agnello con fondo di latticello di capra portata che, ripercorrendo l’aspetto più concettuale legato all’alimentazione dell’animale, presenta un piatto avvolgente e rotondo nel quale – ancora una volta – fondi e salse rappresentano il magistrale contrappunto per definire una cucina a ogni portata sempre più focalizzata.
Esattamente come al Mugaritz, non vi è da sorprendersi se il pane fa la sua apparizione in tavola solo a metà degustazione; da un lato per rispettare l’andamento labirintico dei menù, dall’altro per attribuire valore centrale a uno degli alimenti principe della nostra cultura gastronomica che, nelle cucine del Rustikal ristorante, viene realizzato con lievito madre e farina di farro, e servito dopo oltre quaranta ore di lievitazione. E’ così che la Scarpetta onora il gesto più godereccio della tavola e impone ancora una volta il senso del tatto, rifiutando inutili formalismi e anteponendo la centralità del piacere che coinvolge ogni senso. E se dici “scarpetta” dici necessariamente “salsa di pomodoro”, quella che Federico Colombini realizza personalmente una volta all’anno in terra d’Abruzzo (quest’anno ben 300 chili) e che accompagna con fondi o doppi-fondi che cambiano a seconda della circostanza, per rimarcare la centralità degli altri elementi.
I primi strizzano l’occhio anche a eventuali intolleranze alimentari e ricercano corrispondenze nelle tradizioni territoriali come nel caso dello Spuntino del Malgaro, uno spaghetto di patata con fonduta di stracchino all’antica dei Prati Parini che, prendendo a prestito gli alimenti che il malgaro portava con sé in alpeggio per nutrirsi, codifica una ricetta in cui spicca la turgida consistenza della patata e la piacevole delicatezza dell’insieme, impreziosita dalla freschezza dell’acetosella e dalla terrosità profumata del prezioso fungo ipogeo.
Gioiscano amanti e appassionati del quinto quarto che al Rustikal ristorante viene letteralmente benedetto dalle mani capaci di Federico Colombini. L’Animella al pascolo cotta alla francese nel burro spumante è perfettamente eseguita, ma evita in assoluto la standardizzazione della proposta presentando un piatto raffinato che non tralascia l’il risvolto etico della cucina del riciclo, utilizzando ogni aspetto del vegetale d’accompagnamento e rivestendo di una croccantissima panatura di buccia di carota la morbidissima animella.
Il rifiuto delle standardizzazioni non si spegne e il gioco delle fermentazioni persiste prepotentemente anche con il pre-dessert, ludicamente presentato attraverso il proverbio popolare Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere, un tacos di penicillium inoculato dalle bucce dei formaggi di Contrada Bricconi, farcito con ebre spontanee e con una crema di pera nera cotta con lo stesso principio dell’aglio nero (per tre mesi a 40°).
Il dessert, servito in un’elegante porcellana di stile inglese, dal un lato evoca nuovamente l’opera di Carroll e il tè del Bianconiglio, dall’altro presenta il progetto del Gelato più pazzo del mondo che tra sapori non convenzionali come il fieno, peperone, fungo o cipolla chiude il pasto in maniera gustosa, piacevole e originale.
Valide anche le petit four, sia per la Kombo-candy ripiena di purea di castagne nere e avvolta dalla madre della Kombucha (ovviamente, anch’essa home-made), che per la frutta secca caramellata con burro salato.
Il dialogo con la sala – gestita con disinvoltura e professionalità dalla brava Giulia Sofisti – è complice e disinvolto e assicura il trascorrere di un’esperienza in totale relax in tempi oltremodo apprezzabili. La carta dei vini è anch’essa a cura di Colombini e, oscillando tra Italia e Francia, si mantiene coerentemente fedele alla scelta del biologico e naturale, con una proposta in continuo divenire ma pur sempre fedele alle piccole realtà tanto care al Rustikal ristorante, e che è possibile alternare a lavorazioni home-made come Kombucha o Sidro o a intriganti miscelati.