I numeri parlano chiaro: solo nell’ultimo anno il turismo enogastronomico italiano è cresciuto quasi del 50%. Ciò testimonia come, ricalcando le buone abitudini dei viaggiatori esteri, anche gli italiani abbiano iniziato a porre al centro delle proprie mete, il fattore enogastronomico divenendo – per dirla con la Guida Michelin – dei veri e propri “viaggiatori gourmet”.
Dei viaggiatori che, quasi nella totalità dei casi, snobbano le mete estere, privilegiando la scelta del Bel Paese, riconoscendo nei sapori e nei profumi nostrani, un elemento dal fascino e dal gusto ineguagliabile.
Gusti e profumi capaci di toccare il cuore e di divenire protagonisti di esperienze incancellabili, e utili ad arricchire di valori e cultura una classica esperienza di viaggio.
Gusti e profumi come quelli delle Terre del Vescovado, progetto di promozione turistica che coinvolge 15 Comuni della Provincia di Bergamo con l’obiettivo di valorizzare e dare impulso al patrimonio naturale, artistico, enogastronomico, e al complesso degli eventi caratterizzanti il territorio delle amministrazioni comunali aderenti – ovvero – Albano Sant’Alessandro, Bagnatica, Bolgare, Brusaporto, Carobbio degli Angeli, Chiuduno, Costa di Mezzate, Gorlago, Gorle, Montello, Orio al Serio, Pedrengo, Scanzorosciate, Seriate e Torre de’ Roveri.
E’ questa la ragione per cui mi sono lasciata coinvolgere da un Tour enogastronomico nelle Terre del Vescovado (iniziativa realizzata nell’ambito del bando Wonderfood & Wine di Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia per la promozione di Sapore inLOMBARDIA), alla scoperta delle piccole grandi eccellenze di questo Territorio, noto ai più per la coltivazione e la produzione della più piccola DOCG d’Italia ovvero, il Moscato di Scanzo.
Ma il celeberrimo Moscato a bacca rossa non è che uno degli innumerevoli Sapori di qualità che nascono nelle Terre del Vescovado: preziosi vini e distillatti, olio extravergine d’oliva, miele, prodotti caseari, birre artigianali e tanto, tanto altro ancora.
Il nostro tour è iniziato all’Azienda Agricola Palamini di Pedrengo, un’Azienda a conduzione familiare in cui oggi lavorano Simonetta, Bruno e i figli Giovanni e Cristina.
L’Azienda, che vanta quasi un Secolo di storia, ha quale attività principale l’allevamento di bovini da latte per la produzione e la vendita di latte crudo. All’interno di essa, vi è un piccolo caseificio in cui vengono realizzate diverse tipologie di formaggi freschi, semistagionati e stagionati, che tra l’altro è possibile acquistare nel piccolo spaccio dell’Azienda stessa: dal Produttore, al consumatore.
Una vita fatta di sacrifici e di tanta passione quella della famiglia Palamini che, da sempre, riesce a garantire un prodotto di altissima qualità anche grazie alla possibilità di svolgere ogni operazione in loco, con una filiera cortissima.
Circa venti tipologie di formaggio in cui si inseriscono anche quelli da latte di capra, introdotti grazie all’allevamento di una settantina di capre Saanen.
Inevitabile, in un Territorio come quello del Vescovado, non risalirne i colli, alla scoperta dei vigneti e di quelle atmosfere che gli hanno fatto conquistare il titolo di “piccola Toscana”.
Si giunge così a Torre de’ Roveri, comune in cui è possibile scorgere l’Azienda Vitivinicola e Agrituristica Eligio Magri, un luogo in cui l’omonima famiglia porta avanti una tradizione legata alla terra che, col trascorrere del tempo, ha saputo evolversi e rinnovarsi: dagli anni ottanta – quando il Signor Patrizio, il figlio Eligio e la moglie Luciana, seppero individuare nella zona della Valcalepio i terreni migliori per la coltivazione della vite – ai giorni nostri, con l’apertura dell’agriturismo e la formulazione di una proposta ristorativa coerente.
Un’Azienda che nasce ufficialmente nel 1993 e che si pone l’obiettivo centrale di una produzione di qualità, con basse rese per ettaro e notevoli attenzioni nella vinificazione e maturazione dei vini.
Oggi, nei diciassette ettari dislocati lungo il Territorio, vengono coltivate le quattro uve (Merlot, Cabernet, Moscato Giallo e Chardonnay) necessarie per la realizzazione delle nove etichette della gamma. Etichette che prendono vita nella Cantina dell’Azienda in cui i vini subiscono la pigiatura e vengono convogliati nelle vasche in acciaio. In taluni casi, vengono sottoposti a un ulteriore affinamento in botte di rovere, per poi essere riassemblati nuovamente in acciaio.
Un’Azienda che punta tutto sulla qualità della materia, sul Territorio e su una continua innovazione dei macchinari. Ma che, soprattutto, non teme ad assumersi dei rischi e a contare sull’affiatamento e sulla coesione dei componenti della famiglia Magri.
“Nulla sveglia un ricordo quanto un profumo”.
V. Hugo
Dai colli di Torre de’ Roveri a quelli del celeberrimo Moscato di Scanzo, il passo è breve. A soli cinque minuti da Bergamo, nel comune di Scanzorosciate, viene prodotta la più piccola DOCG d’Italia: il Moscato di Scanzo, un vino passito a bacca rossa di grande pregio e rarità, ottenuto da un vitigno autoctono coltivato su un territorio di soli 31 ettari, ricco di “sass de la luna”, una formazione calcareo-marnosa di colore grigio azzurro capace di connotare la particolare mineralità a questo nettare. Un vino dalle note garbatamente dolci che non stanca mai il palato.
Data la produzione limitata per un totale di circa 50.000 bottiglie l’anno, il Moscato di Scanzo è considerato un prodotto di nicchia, esclusivo e ricercato.
Nello stesso Comune, si trova il Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo in cui Federico Bovarini, sommelier e responsabile del Consorzio ci ha accolto, offrendoci l’opportunità di vivere un’esperienza unica e singolare.
Una degustazione alla cieca per mostrare la poliedricità di un prodotto, da Cantina a Cantina e da un’annata con l’altra. Un’esperienza che ci ha rivelato l’importanza di ciascuno dei nostri sensi, tralasciando quello visivo ma valutando quello tattile – spesso trascurato – e utile a riconoscere peso e consistenza di un vino. Ovviamente l’olfatto assume un valore di rilievo, mostrandoci come i profumi della bevanda mutino a bicchiere fermo o in movimento. E poi, ovviamente il gusto, cartina tornasole di ogni nostra sensazione. Tre calici. Tre realtà differenti e a tratti dissonanti tra loro che confermano quanto l’eccellenza si distingua spesso nei dettagli.
Ma le Terre del Vescovado, non sono semplicemente vino, ma anche sapori di cui scopriamo i risvolti in occasione di un piacevole pranzo presso la Cascina del Francès, un Agriturismo in cui il suo titolare – Giovanni Marchesi – porta avanti l’dentità territoriale attraverso una cucina che oscilla tra tradizione e innovazione.
E’ curioso sapere che il nome dell’agriturismo è stato scelto in continuità con la tradizione, ricalcando il soprannome che la comunità di Rosciate aveva dato al bisnonno e alla sua famiglia dopo gli anni trascorsi in Francia: “i francesi”, “Francés”, appunto, in dialetto bergamasco.
I piatti raccontano del territorio con semplicità e gusto, lasciando che stagionalità e casualità definiscano in maniera del tutto imprevedibile il menù della giornata.
Tra i Sapori delle Terre del Vescovado, vi è un rappresentante che narra una storia antica e radicata. La storia della famiglia Lussana che, da oltre sessant’anni, coltiva e produce con passione i suoi oli extravergini nei due ettari di terra adibiti alla coltura dell’Azienda Agricola Il Castelletto.
Oltre venti varietà di olive coltivate e frante nell’Azienda stessa: questo perché, dal 2005, il Castelletto ospita il primo e unico frantoio di tutta la provincia di Bergamo. Così, oltre a essere il solo riferimento di tutti gli olivicoltori bergamaschi, l’Azienda Agricola il Castelletto ha la peculiarità e il vantaggio di poter molire i propri frutti lo stesso giorno della raccolta, assicurando e garantendo un olio extravergine sinceramente fresco e di assoluta qualità.
Il risultato sono quattro varietà di extravergine davvero impedibili e capaci di soddisfare ogni gusto e palato.
Alarico DOP, un extravergine fresco, fruttato e mandorlato che chiude la degustazione con una nota piccante che rapidamente scompare, lasciando la bocca pulita.
Sbresa – che prende il nome dall’omonima oliva autoctona del Sebino – è il monovarietale dalle note morbide e dall’acidità bassissima, ricco di acido oleico e di polifenoli, e che dal 2012 compare ufficialmente nella Vetrina degli Oli Monovarietali Italiani.
Ginami – chiamato così in onore dei primi proprietari del Castelletto – è un extravergine realizzato con tutte le ventidue varietà di olive – che ovviamente si raccolgono nel medesimo periodo – dal gusto dolce e delicato.
Astino, ultimo nato, è invece un extravergine che – di anno in anno – sta diventando un prodotto di eccellenza territoriale dalle grandi qualità.
Un tour che, con la sua conclusione, ci conferma quanto l’Italia sia la giusta meta per il turismo enogastronomico. E quanto, la Lombardia e le Terre del Vescovado rappresentino un’infinita ricchezza da conoscere attraverso i suoi luoghi, i suoi profumi e i suoi sapori.