La bellezza del mio lavoro – quello della food writer – sta nel poter raccontare storie. Storie a cui è facile appassionarsi, siano queste di persone, attività o, come in questo caso, di prodotti.
Prodotti antichi che ci catapultano nel passato, più precisamente nel XVIII secolo, quando i nostri antenati iniziarono il loro pellegrinaggio alla ricerca di fortuna in terre lontane.
Matteo Moioli di Cibolab,il mio contadino di riferimento e certamente il mio personalissimo guru in fatto di prodotti autoctoni e biologici, tempo fa mi raccontò di alcune comunità tra Marche e Umbria protettrici della biodiversità, che da qualche anno si stanno battendo per la preservazione e la reintroduzione di una razza di gallina ovaiola tipica italiana che, a seguito della seconda guerra mondiale, sembrava essere definitivamente sparita dalla nostra Penisola: la gallina di razza Ancona.
Il suo nome non è casuale, dal momento che sembra che quello di Ancona fu il porto da cui si “imbarcò” la prima gallina per raggiungere la Gran Bretagna. Poi, per sfuggire alle due guerre mondiali, gli italiani del XX secolo continuarono a a scegliere mete anglosassoni per trovare fortuna e, come testimoniano alcune immagini del tempo, spesso sceglievano di imbarcarsi con i prodotti contadini che sino ad allora gli avevano garantito il sostentamento. Fu così che insieme ai nostri avi, le galline di razza Ancona iniziarono a lasciare lo stivale, sino a privarci definitivamente della razza italiana ovaiola autoctona per eccellenza.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’obiettivo di sfamare tutta la popolazione, si sono moltiplicate sia le razze ibride di pollame, che gli allevamenti intensivi – aventi come unico obiettivo la produttività di queste.
E’ questa la ragione per cui ciascuno di noi è cresciuto con la convinzione che le uova fossero unicamente quelle dal guscio marroncino, e che quelle bianche le potessimo vedere solo in produzioni cinematografiche americane!
Oggi, fortunatamente, non è più così: la gallina di razza Ancona sta piano piano tornando alle sue origini nazionali e sulle nostre tavole.
Galline autoctone e non selezionate, “incapaci” di rimanere ferme e che hanno bisogno di razzolare in maniera incessante all’aperto, nutrendosi di erba e sabbia. Un nutrimento che permette alle loro uova di essere tra le più ricche di antiossidanti e Omega3.
Simile alle uova di gallina di Livorno di Paolo Parisi, le Uova di Ancona sono dolci e nutrienti, di dimensioni più ridotte e decisamente accessibili economicamente parlando: io, da Cibolab, le acquisto a € 0,45 cad.
Un prodotto bello da vedere e ottimo da mangiare. La prova del nove? L’uovo in camicia!
Un prodotto che merita di essere scoperto e portato sulle nostre tavole, sia nel rispetto di una sempre più corretta alimentazione, sia per favorire e sostenere l’impegno di chi con grande passione porta avanti progetti di grande cultura e qualità!
Photo credits © Lucio Elio